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 Home page > Tribuna Libera > Qualità della vita: una voce mancante nel bilancio esistenziale

Qualità della vita: una voce mancante nel bilancio esistenziale

C’è un concetto che sta per divenire astruso. Un concetto fondamentale per la vita di ognuno. Qualcosa che ha a che vedere con l’Esistenza. Ma che si sta perdendo completamente. E pochi se ne accorgono. E’ la Qualità della vita.
 
Presi come siamo dalle incombenze quotidiane. Dai ritmi frenetici. Dalle problematiche sociali, politiche ed individuali. Dai fatti nazionali ed internazionali.
 
Appiccicati ad un qualche congegno elettronico che ci faccia navigare su Internet, quasi fossimo asmatici attaccati alla bombola di ossigeno per poter campare, non ci accorgiamo che nel frattempo, ci sfugge uno dei pilastri fondamentali dell’Esistenza.
 
La Qualità della vita presuppone alcuni parametri. Non uguali per tutti. Ma fondamentalmente richiede che vi siano in essere almeno due cose imprescindibili: tempo per sé stessi e per gli affetti e capacità economica che non strozzi prima della fine del mese.
 
Oltre questo poi, ognuno individualmente può dichiarare quali siano i propri parametri di Qualità della vita.
 
Un esempio pratico: se si è impiegati in qualche ufficio - pubblico o privato che esso sia - si trascorrono almeno otto ore di ogni giorno dal lunedì al sabato (o al venerdì in alcuni casi) con un numero di persone variabili che sono dei perfetti sconosciuti ma con cui condividiamo il maggior numero di ore dell’esistenza. Già questa è una aberrazione.
 
Decine di ore a settimana, condivise con colleghe e colleghi più o meno simpatici, creativi, operosi.
 
Ma estranei. Non fanno parte del nostro Dna. Non fanno parte della cerchia ristretta di parenti. E nemmeno, nella maggior parte dei casi, degli amici.
 
Sono semplici conoscenti. Ognuno con la propria storia, le problematiche, gli amori, le noie, i desideri.
 
Ovviamente, col passare del tempo, un qualche tipo di rapporto con queste persone si crea. Ma è un rapporto fittizio, basato sul dovere e non sul piacere di creare relazioni interpersonali. Che poi diverse persone, proprio nel quotidiano vivere gomito a gomito, scoprano di essere affini al punto da creare un’amicizia extra orario di ufficio o anche qualche storia di amore o di sesso, in questo caso non ci interessa.
 
Il fondamento è: decine di ore da condividere con estranei. Quelli che un giorno - in estrema sintesi - non ti porteranno la minestrina a letto se sarai malato. E non ti sosterranno nei momenti clou dell’esistenza.
 
In qualche altra parte della città, normalmente avviene la stessa cosa per l’altra metà del cielo. Una moglie, compagna, fidanzata, condivide l’esistenza con altri estranei. E così all’infinito.
 
Nella migliore delle ipotesi, si riesce a trascorre un paio di ore effettive in famiglia, se consideriamo anche gli orari necessari agli spostamenti per e dal lavoro.
 
In questo paio di ore effettive, accade poi che, persone che via via divengono sempre più estranee per concreta mancanza di rapporto relazionale, debbano condividere uno spazio e del tempo che non riescono più a riempire di contenuti atti a migliorare quello che dovrebbe essere un vero rapporto di relazione.
 
Accade così che compagni di vita sappiano più cose del o della collega che del marito o della moglie o compagna o fidanzato. E che in quelle poche ore di condivisione casalinga, ci si ritrovi a non riuscire ad accedere a quello che dovrebbe chiamarsi ancora “lessico familiare.
 
Anzi: si attendono le ore da condividere, principalmente per recriminare qualcosa. Abbattendo sull’altro come un’ascia affilatissima, tutte le proprie rabbie ed i fallimenti di vita.
 
Quanto sopra descritto, non si può chiamare Qualità della vita. Si spende l’esistenza in un girone infernale ove in maniera del tutto virtuale si gioca un ruolo dinamico ma che nella realtà dei fatti non lascia tracce, non alimenta sentimenti, non investe nel futuro di relazione.
 
Va ricordato che geneticamente l’essere umano è stato creato per la vita di relazione, di coppia, di gruppo familiare, di clan. Lo snaturarsi di questo criterio, amputa atrocemente una tendenza atavica. Già questo può essere alla base dei fenomeni di depressione ansiosa che si stanno sviluppando a macchia d’olio sull’intero pianeta. Vera pandemia senza possibilità di vaccino. Fallimento relazionale senza alcuna possibilità di uscita.
 
Oltre questo, aggiungiamo poi la sempre più scarsa capacità economica. Prendiamo un cittadino medio. Una famiglia media. Senza andare verso le fasce più deboli. Una famiglia che abbia un paio di buoni stipendi per la media nazionale.
 
Se è vero che a fine mese i due stipendi vengono diligentemente versati sul conto corrente, sarebbe necessario tagliare da questa cifra, il coefficiente relazionale negativo, dato dai pochi e cattivi rapporti familiari generati dalle situazioni descritte prima, tagliarne un’altra fetta relativa invece all’ambiente lavorativo che quasi in ogni settore non è esattamente il paese dei campanelli - altro parametro da aggiungere fra quelli che non consentono una buona qualità della vita - e come se si fosse imprenditori, togliere dal netto mensile le “spese di gestione”: quel denaro che, se è vero che lo vedi versato sul conto corrente, in realtà lo stai disperdendo a causa di una cattiva e negativa Qualità della vita.
 
In poche parole: puoi anche avere uno stipendio di tremila euro al mese. Quanto ti costa in Qualità della vita per ottenerlo? Nessuno mai fa questi calcoli. Certo, direte: magari averli… ma concentratevi non sulle cifre che scrivo, bensì sul concetto di Qualità della vita.
 
Possono essere mille o tremila euro, non è questo il punto. Il punto è, che se quel denaro ti costa una montagna di energie da dedicare quasi esclusivamente all’ambiente lavorativo, fatto di estranei e spesso di persone che non ti piacciono granché, ecco che il tuo stipendio di qualsiasi importo esso sia, appare drasticamente tagliato perché devi imparare a considerare l’assenza di Qualità della vita.
 
Una voce nel tuo bilancio esistenziale, che pesa persino più della pressione fiscale.
 
Ma “Allegria”! Che importa se l’essenza umana si snatura. Se la vita quotidiana non ti da il tempo di accorgerti di Esistere. Se i meccanismi del Sistema ti stritolano ogni giorno? Ecco che lo stesso Sistema trova il compromesso, e ti regala la droga: anche questa volta, virtuale. Puoi connetterti al Web. Ad ogni ora del giorno e della notte. In macchina, in ufficio, a casa, in tram. Puoi freneticamente digitare sul tastierino di qualche nuovo modello di cellulare o meglio di “Smart Phone”, la cui unica intelligenza è quella di essere stato creato per confonderti ulteriormente, farti pensare e credere di esistere in quanto “connesso” e farti dimenticare di connetterti con la parte più importante di te: te stesso ed i tuoi cari.
 
Ma che ci vuoi fare? Questo è ciò che passa il Mercato. Microchips in cambio di amore. Bytes svenduti al mercato del compromesso umano. Dietro le quinte disfatte di un mondo senza alcun senso umano. Che strappa la carne, la trita e la rimiscela in ordine scomposto. Ci saranno le statistiche annuali poi a darci il peso di tutto questo dissesto. Di queste assenze strutturali fondamentali per l’esistenza umana. Li chiameranno “Dati sui suicidi per depressione”, “statistiche sui rapporti sessuali all’interno dei luoghi di lavoro”, “aumento dei divorzi in relazione ai rapporti relazionali”… Un titolo qualsiasi su un dossier di qualche pagina.
 
Mai nessuno ti dirà la verità. Che tutto questo accade, perché ormai non sei più un essere umano normale. Conscio della tua Vita. Dentro alla tua Vita. Consapevole delle scelte che fai. Con tempi umani e non meccanici, virtuali e sterili.
 
Come Sistema voleva dimostrare.

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