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Ma dov’è la sinistra? Analisi di un crollo

Il piano golpistico e la decadenza culturale. Ecco perchè siamo condannati al centrismo (centrosinistra/centrodestra).

Credo che chiunque sia intellettualmente onesto debba sottoscrivere queste 2 affermazioni:

 

 

  1. Il capitalismo nella sua conformazione attuale non è un sistema economico accettabile, sempre che si parta dal presupposto dei diritti sociali e politici (e non da un individualismo egoistico confuso con la libertà). Chiunque non è d’accordo con questa affermazione è del tutto disinformato riguardo alle conseguenze disastrose per la comunità globale e per l’ambiente che l’attuale sistema economico provoca.
  1. Il comunismo, la più radicale alternativa “di sistema” nata in seno alla tradizione umanistico-democratica del pensiero occidentale, si è rivelato essere fallimentare sotto molti aspetti:
  • innanzitutto è fallita l’ideologia della Rivoluzione, ultimo “grande racconto” della modernità. Esistono molte rivoluzioni politiche, ma non esiste “La Rivoluzione
  • le previsioni marxiane sullo sviluppo e decadimento del capitalismo si sono rivelate errate, così come le analisi di classe che affidavano al proletariato il progetto rivoluzionario
  • le disuguaglianze economico-sociali provocate dalla produzione materiale nell’ambito del lavoro non possono essere risolvibili con la centralizzazione della produzione stessa, bensì con la sua collettivizzazione democratica, ma non nei modi effettivamente concretizzatisi nella storia. Sarebbe necessaria quindi la sperimentazione di nuove forme organizzative per ora sconosciute
  • qualsiasi teoria anticapitalista odierna non può ignorare, come ha fatto il marxismo-leninismo, che tale collettivizzazione della produzione causerà un inevitabile regresso tecnico, non un progresso, poiché l’attuale struttura specialistica e settoriale del lavoro verrebbe distrutta e ricostruita con molta lentezza (lentezza necessaria, purtroppo, pena la perdita dei diritti, ovvero: pena la società attuale)

 

Per tutti questi motivi si avverte un fortissimo bisogno di un movimento/partito di sinistra che svolga una critica consapevole dell’attuale sistema capitalistico avanzato globale. 

Ciò che il comunismo aveva capito, al contrario di tutti i movimenti socialdemocratici e welfaristi, è che la società capitalista non va riformata, ma trasformata.

Si dimentica infatti che la Costituzione Italiana presenta una strutturale contraddizione: da una parte assicura il diritto sociale al lavoro, dall’altra garantisce il diritto alla libera impresa. Ma in una società capitalista è “scientificamente impossibile” che tutti abbiano un lavoro. Una strategia riformista può al massimo ridurre al minimo la percentuale di disoccupazione. Soltanto una ragionevole trasformazione anticapitalista dei rapporti sociali può garantire uguali opportunità di lavoro per tutti e una più giusta organizzazione della vita comunitaria.


Contro le tesi dei riformisti, solo un Welfare State “minimo” può essere compatibile con gli equilibri economici del capitalismo. L’assistenzialismo del Welfare si finanzia attraverso la perequazione fiscale, che inevitabilmente atrofizza lo slancio della piccola e media impresa causando stagnazione economica e crisi frequenti. Il riformismo del Welfare State, quindi, non risolve i danni provocati dal capitalismo.

Ecco quindi le 3 cause “culturali” della crisi della sinistra:

 

  1. Le alternative anticapitaliste proposte sono ancora o riformiste o comuniste.
  1. La sinistra è “divisa”, ovvero al suo interno non esiste la disponibilità a creare un fronte critico-sociale comune gestito in maniera democratica, dove l’opinione diversa non è costretta a formare un nuovo partito per farsi ascoltare.
  1. I partiti comunisti sono ancora fortemente legati al marxismo-leninismo, inteso come teoria-dogma. E’ finita quindi la collaborazione strategica tra intellettuali e partito (teoria e prassi) così come era stata pensata da Antonio Gramsci. Negli anni 50-60-70, quando la critica marxista fu “aggiornata” da molti intellettuali (Sartre, Fromm, Marcuse, Adorno, Vaneigem ecc…) esisteva ancora tale collaborazione, soprattutto con i gruppi extra-parlamentari. Le critiche attuali al capitalismo, invece, (Zolo, Chomsky, Negri, Deleuze, Foucault, Preve ecc…) non hanno più tali opportunità di concretizzazione, per una sorta di torpore generale nella partecipazione politica, causato soprattutto dalla "televisorizzazione della politica"

 

Queste invece le 2 cause storiche della crisi della sinistra:
 

  • Gli Stati Uniti, dall’inizio della Repubblica ad oggi, hanno provato ad ostacolare la vittoria parlamentare del comunismo attraverso due diverse tattiche golpistiche: il colpo di stato militare (Piano Solo, 1964 – Golpe Borghese, 1970 – Golpe Bianco, 1974) e la “strategia della tensione” (dalla strage di Portella della Ginestra all’omicidio di Aldo Moro, passando per la strage di Bologna). Per chi trova sconvolgente quanto appena scritto consiglio due importanti operazioni: spegnere la televisione e leggere (in inglese) il Field Manual 30-31 della CIA. Dopo il crollo dell’URSS il nuovo metodo è la “strategia bipartitica”, affidata alla loggia massonica P2. Basta leggere il Piano di rinascita democratica di Licio Gelli, dove si argomenta la necessità di due grandi partiti che si alternano “eliminando le frange dannose”. E’ accertato che Silvio Berlusconi era un affiliato P2 (tessera n.1816) e che Romano Prodi era molto vicino alla loggia Grande Oriente d’Italia. Il sospetto c’è. PD e PDL, infatti, come prima Ulivo e Forza Italia, sono partiti creati mediaticamente, nati con la televisione, tanto che la maggior parte degli italiani non sa che esistono almeno una sessantina di partiti di cui la televisione non parla. L’elettorato è guidato in senso bipartitico. Grazie alla strategia bipartitica la sinistra è fuori dal Parlamento.
  • Il crollo dell’URSS ha determinato l’inesorabile smembramento dell’Internazionale che, nonostante tutti i contrasti, garantiva un punto di riferimento strategico ai partiti comunisti europei. La “svolta della bolognina” di Occhetto determinò la caduta progressiva del comunismo parlamentare.

Commenti all'articolo

  • Di sganapino (---.---.---.58) 9 novembre 2009 10:46

    Il comunismo è caduto perchè non redistribuiva la ricchezza. La Russia è ricca di materie prime e potrebbe, convivendo con gli Usa diventare sempre più ricca. Invece ancora oggi si sente investita di una missione che Nessuno le ha dato. Per questo fa guerre ed altre ne medita. Tutte le organizzazioni che si sentono investite da una missione alla fine fanno più danni di quelle che cercano solo la pace.

    • Di Maria Lutero (---.---.---.51) 9 novembre 2009 10:53

      si si, quelle sono le cause per cui è caduto in Russia. Io parlavo delle cause per cui è fallita la teoria economico-politica stessa del comunismo, non una sua particolare applicazione.
      Quello che dici è vero, basti pensare alle guerre che provocano gli USA per il loro ideale di "democrazia" (la costituzione americana è una delle meno democratiche del mondo)

  • Di pv21 (---.---.---.184) 9 novembre 2009 11:54

    E’ caduto il muro di Berlino. Risultato? Questa è una Generazione senza bussola che ha ereditato cinismo, edonismo ed ogni altro inutile ..ismo. Fino a quando non si capirà che, come nel paese de Il Barbiere ed il lupo, il consenso è spesso figlio della paura non ci sarà spazio per nuove frontiere culturali e sociali. (c’è di più => http://forum.wineuropa.it

  • Di Alberto Fortuzzi (---.---.---.58) 9 novembre 2009 18:10

    Mi assale un dubbio : ma le previsione marxiane sono quelle fatte da Groucho ?

  • Di massimo (---.---.---.131) 10 novembre 2009 03:19

    Molto sinteticamente, il punto è che la sinistra ha sempre confuso storicamente il capitale con il potere.
    Non è sbagliato il capitalismo, cioè l’esigenza di dover disporre di un capitale per fare impresa e di avere un profitto che offra una remunerazione al capitale investito. Questo è un fatto tecnico , ineliminabile, pena la distruzione di un mondo in sviluppo e prospero.
    Il dramma nasce quando, appellandosi al fatto che il capitale investito è a rischio, il potere di gestione è concentrato nelle mani di pochi, che possono manovrare anche in forme oscure e non trasparenti, e senza confini geografici, nel nostro mondo globalizzato.
    Il dipendente può solo pretendere il rispetto delle norme dei vari contratti per quanto riguarda la sua posizione personale, ma non ha nessuna voce sui grandi temi delle strategie d’impresa , perchè, si dice , lui non "rischia" salvo poi magari trovarsi licenziato.
    Occorrebbe un ribaltamento culturale profondissimo. Al capitale necessario per l’impresa, va assicurato sicurezza ed un equo profitto, il rischio si sposta sul lavoro, ma con il rischio si sposta anche il potere ed il controllo, da esercitare con trasparenza e senza speculazioni finanziarie.
    E’ solo un cenno, che andrebbe approfondito, ma sono convinto che sia l’unica strada per avere un mondo giusto


     

  • Di sganapino (---.---.---.58) 10 novembre 2009 09:58

    Non esistono modelli perfetti. Per quanto si studino delle misure di controllo (Costituzione) c’è sempre qualcuno che riesce a sfuggirle (il popolare: Fatta la legge, fatto l’inganno). Per quanto si studino dei modelli economici perfetti vi sono sempre fattori esterni che li rendono obsoleti. Se anche al Governo si mettessero solo Filosofi o solo Professori la natura umana da qualche parte spunterebbe con le sue risposte incredibili. Anche la Teocrazia si è dimostrata un Governo crudele. Alla fine la risposta è sempre quella: la democrazia, con tutti i suoi limiti, è il sistema, anche economico, meno imperfetto.

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