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La Sardegna dei Sortilegi. A Portotorres ne parlano gli autori

 

 Una terna di scrittori ha svelato il fascino de “La Sardegna dei Sortilegi”, volume scritto ad otto mani, cinque anni fa. 

“…Il libro è come un organo con tanti tasti…” La metafora di Gianluca Medas, sintetizza felicemente il volume presentato lo scorso venerdì alla libreria Nemo di Portotorres. All’incontro hanno partecipato pure gli scrittori: Francesco Enna e Natalino Piras. Alla reunion mancava il quarto autore, Franco Fresi, bloccato a casa dall’influenza. E’ stata comunque una serata all’insegna del fascino e delle tradizioni antiche dell’isola. Evocate e narrate con oracolo efficace, nella presentazione della nuova versione (mutata nel formato pocket che ne dimezza solo il prezzo, rispetto al testo originario), distribuita, cinque anni dopo la prima, ancora da Newton & Compton edizioni. “La Sardegna dei Sortilegi” dei quattro amici scrittori che la idearono in una comune escursione a Putifigari (ricorda Enna), racchiude una serie di racconti, frutto di una esplorazione condivisa che trova tra i “sinnos” (segni) un legame fra antico e odierno. Una pasta comune fra ingredienti diversi di zone diverse, legata da una oralità antropologica che tesse un intrigo unico. Ognuno dei quattro autori si assume e racconta (Franco Fresi portavoce di Gallura, è sostituito da Enna) la propria regione insulare di competenza. 

La Gallura di Fresu ritrae i tratti arcigni e misteriosi ai limiti del codice barbaricino in un episodio di “Accabadora”,  circostanziato in contorni ben più forti della recente letteratura dedicata e con la descrizione anche degli strumenti, corpo di reato – ricorda Enna.   

La “viscomica” auto ironica e carsica ,emerge nella saga di “Mussingallone”, icona tragicomica di Barbagia, affresco del riso sardonico riportato alla luce da Natalino Piras. L’autore di Bitti, si aggiudica l’ideale competizione di empatia, calamitando i numerosi presenti in una trattazione brillante, condita da più citazioni in vernacolo che colorano le parole con tinte vivaci e allegre. 

Stessa lunghezza d’onda per il ritratto campidanese offerto da Gian Luca Medas. Una conclusione farsesca come nella migliore tradizione teatrale di famiglia che ruota su un ossimoro portante: “..è tutto finto ma ci credono..”  L’autore e attore cagliaritano, parte da spunti filologici (la radice della parola “tradire”, comune a quella della “tradizione”) per qualificare lo scrittore: un grande bugiardo. 

Dove il gioco delle parole, convincente sino alla certezza che “..S Efisio possa avere bloccato la rivoluzione francese…”, possa divenire come “…acqua che non la puoi mai fermare…” 

E ancora Franco Enna riprende la sua parte del Logudoro, ricordando inevitabilmente le proprie radici. Il papà, che dalla Spagna alla sua nascita, gli assegna l’unico nome, compatibile con il suo impegno politico: Francisco Franco; la mamma Amelia Mirandola di Siligo, Maestra d’ascia (di fiabe). Per la scuola del Primo Novecento, ha conseguito il massimo titolo d’istruzione, la seconda elementare. Il “testimone” letterario di Enna, in questo caso è “Babbai Maiale”, frate straordinario per la grande ignoranza e l’altrettanto carisma di comunicatore con la sua messa ufficiata in sardo. Una mitologia leggera, usufruita dal consenso popolare, veicolo fedele di trasmissione nei secoli.

Alcuni brani letti in sala dagli autori riproducono il velo leggero di mistero e sorriso, leggenda e orgoglio di una terra ancora da scoprire. 

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