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La follia delle enormi differenze di retribuzione

 

In piena crisi veniamo a sapere che anche per il 2009 il rapporto di trattamento economico tra gli amministratori delle mille aziende più grandi al mondo e gli impiegati di basso livello rimarrà mediamente di ben 800 a 1.

Niente male potremmo dire. In tale ottica un impiegato appena assunto con uno stipendio medio iniziale di mille euro, vedrà il CEO della medesima azienda, percepire quasi 800 mila euro al mese. Vedrà anche la nutrita schiera dei dirigenti esecutivi percepire almeno dieci volte il suo misero stipendio.

Ai faraonici compensi dei manager di alto livello, composti da parti fisse più parti variabili (non si capisce bene a cosa siano legate le parti variabili dato che i bonus vengono elargiti anche ai manager di aziende in netta perdita) vanno aggiunti altri benefici come auto aziendali e lussuose trasferte.

Siamo arrivati anche al paradosso che aziende, assicurazioni e banche prossime al fallimento e sovvenzionate per questo dagli Stati, abbiano continuato a pagare bonus milionari agli incompetenti manager che hanno portato tali aziende, all’orlo del fallimento e per di più con i soldi dei contribuenti. 



Siamo arrivati all’assurdo che gli incompetenti dirigenti di una banca, dopo aver fatto investire in “spazzatura” i malcapitati e sprovveduti clienti, ora vengano anche sovvenzionati dai contribuenti, invece di pagare le conseguenze della loro inaccettabile condotta professionale.

Dunque siamo alla follia. È ammissibile in nome del libero mercato pagare milioni di euro all’anno un singolo individuo, per quanto bravo possa essere? Probabilmente la risposta è no e in tal senso si dovrebbe applicare una normativa generale al mercato del lavoro che vieti disparità retributive complessive superiori al 10 a 1 (come valore massimo) in una medesima azienda.

In tal modo rimarrebbe salvaguardata la differenziazione retributiva meritocratica, senza scivolare nel ridicolo di stipendi di svariati milioni per amministratori di aziende in netta difficoltà, dove magari decine di migliaia di lavoratori rischiano di perdere il lavoro o lo hanno già perso.

Ora senza voler incorrere in un deleterio appiattimento del valore individuale e umano e lasciando il dovuto spazio al merito, è però doveroso riequilibrare l’inaccettabile divario retributivo che c’è oggi tra la massa, quasi indifferenziata, dei lavoratori e la ristretta cerchia degli strapagati dirigenti e amministratori.

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