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La camorra, il politico e... il funzionario

Un recente articolo di Roberto Saviano sul quotidiano "la Repubblica" mette in guardia sul pericolo che le infiltrazioni camorristiche-mafiose della Campania possano "mettere le mani" sui partiti controllandone le tessere, come accertato per il caso di Castellammare di Stabia.

Quando la camorra può mettere le mani sulla classe politica dirigente di una regione, non siamo in presenza di un’anomalia o di un’emergenza, ma ci troviamo al cospetto di una presa di potere in cui la camorra stessa si è già fatta politica.

Saviano ricorda la nomina di Nicola Cosentino, accusato da diversi pentiti di spicco del clan dei Casalesi di collusione e complicità mafiosa, quale possibile candidato alle prossime elezioni regionali campane, previste per il mese di marzo del prossimo anno.

Il controllo camorristico avviene anche con il tesseramento di esponenti di spicco dei clan che decidono di aderire a partiti sia di maggioranza che di opposizione.
Ci sono casi in cui il numero dei tesserati, in alcune cittadine, non corrisponda al numero di elettori che poi votano per quello stesso partito.

Si fa il caso del comune di Castellammare di stabia, in provincia di Napoli, dove alcuni uomini sono accusati dell’omicidio del consigliere Gino Tommasino, e al contempo hanno la stessa tessera di partito del consigliere ucciso.

L’intreccio è perverso e riguarda il politico come il funzionario, cioè la carica elettiva con quella burocratica.

Il controllo amministrativo degli uffici tecnici comunali da parte della classe politica locale - per intenderci, quegli uffici che controllano e vagliano i piani regolatori, l’urbanistica, i lavori pubblici etc. - avviene attraverso la nomina con contratto a termine dei responsabili di primo piano nell’organigramma dell’amministrazione.

Il politico ha maggiori possibilità di far pressione su questi nuclei strategici di controllo della legalità, con la possibilità di far approvare lavori pubblici in favore di aziende che rischiano di non vedersi concedere la certificazione antimafia.

Quando la classe politica disloca gli uomini chiave nei nodi burocratici (e quindi non elettivi) strategici al fine di agevolare appalti e sub-appalti agli amici degli amici, allora ogni forma di collusione e complicità camorristica può materializzarsi.


Si tratta di mettere gli uomini giusti al posto giusto, e prepararsi a fare le mosse adatte, come se si trattasse di posizionare le pedine giuste su una scacchiera.

In Campania sta succedendo proprio questo. Dopo la vittoria di Luigi Cesaro, anch’esso accusato da vari pentiti di collusione mafiosa, alla Provincia di Napoli, adesso i clan non si accontentano della gestione solo di amministrazioni comunali, ma puntano sempre più in alto, fino al controllo di un intero pezzo del Paese.

I clan vogliono entrare nelle stanze dove vengono prese le decisioni di budget più importanti, dove non si devono preoccupare di arrivare ai soldi attraverso gli appalti, ma vogliono avere direttamente il controllo dei fondi stanziati a livello regionale.

Quando una società imprenditoriale camorristica si rivolge ad un funzionario, mettiamo dell’area tecnica di un comune, per chiedere l’approvazione di un lavoro, il funzionario può essere colluso o meno, oppure chiede una tangente da non dover spartire con nessuno.

Se il funzionario nega una richiesta di questo genere, o è un funzionario onesto, laddove ci dovessero essere i presupposti per negarla, o è un funzionario che chiede la propria "quota".

Nella maggior parte dei casi è però un funzionario che svolge un ruolo affidatogli direttamente dalla classe politica.

Il sospetto è che in Campania la politica non possa fare a meno della burocrazia malsana e corrotta, perchè è proprio grazie ad essa che gli uomini politici vengono eletti.

Si tratta di un legame perverso che è causa prima dell’ingrasso dell’economia malavitosa, un legame attraverso il quale si assicura la pax mafiosa imprenditoriale, inscindibile dalla gestione del potere delle amministrazioni locali.

Si tratta di spezzare questi legami organici attraverso controlli di polizia giudiziaria che tengano costantemente monitorati tutti gli affari apparentemente legali, ma che legali non sono.

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