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La bizzarra pretesa italiana di esportare prodotti d’eccellenza

 

Ora, senza peccare di campanilismo, l’Italia ha dato prova di possedere veri e propri talenti in tutti i campi della scienza, della letteratura e dell’arte.

Purtroppo però oggigiorno i frutti di questi talenti vanno in larga misura a nazioni come gli USA, il Giappone, la Svizzera, l’Australia e così via. La motivazione è che l’Italia non riesce a trattenere i talenti poiché non offre loro una posizione adeguata dal punto di vista economico, sociale e soprattutto non dà la disponibilità di strumenti di ricerca adeguati, siano essi fondi o laboratori. Questo è un problema non recentissimo e che comunque non trova risposte politiche da almeno quindici anni.

Fatte queste premesse e considerato che oggi un paese come l’Italia non può competere con paesi come la Cina, sul prezzo di realizzazione di prodotti a basso valore aggiunto, ci si chiede quale sia la strategia per rilanciare il sistema paese, uscire dalla crisi e crescere, tutte azioni necessarie per evitare l’altrimenti inevitabile tracollo. Basta esaminare i conti pubblici con lucidità per rendersene conto.

La colpa di tale stato di cose è da attribuire sia alla politica, che mortifica l’istruzione e la ricerca, invece di incentivarle e che riduce i fondi messi a disposizione con continui ed insensati tagli, sia al sistema industriale italiano ben poco lungimirante.

Per quanto riguarda la pubblica istruzione credo ci sia poco da dire, qualsiasi addetto ai lavori, docente, ricercatore, studente, e qualsiasi genitore non del tutto lobotomizzato può toccare con mano l’ultimo devastante disastro provocato dal Ministro Gelmini. Per il Governo Berlusconi ed i suoi Ministri l’istruzione pubblica a tutti i livelli è un’inutile spesa a cui sottrarre anche le ultime sparute risorse.

I nostri industriali, perfettamente in accordo con la politica autodistruttiva del Governo, in larga parte ritengono che la ricerca e lo sviluppo siano un costo da contenere il più possibile, invece di un investimento di primaria importanza. Non si spiegherebbe altrimenti come certi grandi imprenditori, ora sull’orlo del fallimento, abbiano potuto pensare di trattenere i migliori ingegneri e fisici offrendo loro stipendi semplicemente ridicoli o addirittura nulli nel caso degli stage “a tempo indeterminato”.  

Non ci si può poi sorprendere se nei centri commerciali si trovino elettrodomestici solo ed esclusivamente di provenienza estera. L’Italia che possedeva una grande tradizione in quelli che sono i grandi elettrodomestici oggi si vede surclassare da paesi come la Corea del Sud che realizza prodotti anni luce avanti rispetto ai vetusti prodotti italiani. Ed i risultati in Italia si vedono: aziende del comparto chiuse, fallimenti, cassa integrazione e chi più ne ha più ne metta.

Nell’alta tecnologia siamo ancora meno incisivi. Credo sia praticamente impossibile reperire un PC di marca (non assemblato), o un tv a schermo piatto o una fotocamera digitale o uno smartphone, appartenenti a un brand italiano. 

Quale sia questa presunta eccellenza italiana ed in quale campo, risulta di difficile comprensione girovagando in un qualsiasi megastore di elettronica.  

È giunto il momento di finirla di cullarsi sugli allori, di cambiare in toto la stantia classe dirigente italiana, di investire massicciamente in sviluppo, ricerca ed innovazione e di iniziare a produrre ciò che la gente vuole e a farlo bene soprattutto. Conviene che la genialità italiana rimanga in aziende italiane invece di far arricchire esclusivamente le aziende straniere.

L’Italia dovrebbe essere la culla del talento, dove un giovane promettente possa sentirsi lusingato di rimanere e lavorare, e non un orrido “carcere” delle potenzialità senza sbocchi, senza speranze e senza futuro, come il “Bel Paese” si presenta oggi ai giovani brillanti e desiderosi di mettersi in luce. 

Commenti all'articolo

  • Di Paolo Zeriali, Trieste (---.---.---.163) 26 ottobre 2009 10:23

    La situazione dell’Italia è molto più grave di quello che il sistema televisivo e mediatico in generale voglia farci credere. Gli italiani vogliono illudersi che sia così, che in fondo il nostro sia il Paese più bello del mondo, quello con più opportunità, quello più forte, che la fa vedere a tutti... Per queste ragioni culturali e psicologiche gli italiani hanno voluto credere a Mussolini e al suo sogno di avere l’Italia tra le prime potenze mondiali (senza avere prima un’industria, una tecnologia e delle risorse che fossero all’altezza della sfida!). La generazione dei nostri nonni si è illusa nella maggioranza dei casi (gli antifascisti nel 1940 erano davvero pochi). Cinque anni più tardi, però, quella si è rivelata una tragica illusione. Poi c’è stata la ricostruzione, con tanti soldi investiti dagli americani per evitare che diventassimo un Paese comunista, ma anche con un tributo enorme pagato da alcuni italiani in termini di peggioramento della qualità della vita (esposizione indiscriminata degli operai e delle famiglie più povere all’inquinamento, come avviene oggi in molti Paesi del Terzo Mondo!). Oggi l’Italia subisce una concorrenza inarrestabile da parte del Terzo Mondo, che non si limita alle produzioni di più basso livello. E’ inevitabile che Cina ed India, con popolazioni 20 volte superiori alla nostra, con territori immensamente più grandi, siano destinate a superarci di molto. Che fare, allora? L’unica soluzione concreta è quella di preparare gli italiani a vivere pienamente la globalizzazione, di conoscere il mondo senza filtri e paraocchi. Insegnare massicciamente l’inglese, Internet a scuola sin dalle elementari, insegnare le altre culture (un’ora di storia delle religioni, non solo Cristianesimo ed Islam, tutte le religioni!), insegnare anche a scuola un po’ di cinese e di arabo. Bisogna prepararsi con largo anticipo ad un futuro che è dietro l’angolo, quello di un mondo che non sarà più dominato da Stati Uniti ed Europa, ma nel quale l’Occidente sarà solo una delle componenti. Purtroppo in tale prospettiva prevale una mentalità "da vecchi", tesa solo a conservare, ad esorcizzare il nuovo, a pensare che il decreto sicurezza o qualche altra norma blocchi l’immigrazione, che l’istituzione di dazi blocchi il Made in China e la globalizzazione. Sono tutte illusioni!!! I cinesi torneranno sulla luna prima della Nasa. E noi, intanto, studieremo il bergamasco o il dialetto triestino?

  • Di Marco (---.---.---.78) 26 ottobre 2009 22:02

    Sono d’accordo che l’Italia non investa in formazione. Non lo fa da 40 anni.
    Investe invece in sovvenzioni alla stampa, al cinema. Scambia l’impiego statale come assistenzialismo e paga stipendi per tenere gente a fare nulla. Offre pensioni sociali a chi non ha mai versato una lira, magari evadendo. Offre la casa a tutti e servizi a tutti, anche a quelli che hanno la casa al paesello e girano in mercedes perchè non devono pagarsi un mutuo. Offre pensioni di gioventu’ a baby pensionati che poi stanno sul groppone a chi lavora anche per oltre 40 anni, lavorando poi in nero e non pagando le tasse.
    Non ha il coraggio di mandare a casa lavoratori inutili che occupano posti inutili solo per pace sociale.
    La classe politica si dibatte sull’ora di religione e su quella di islam non su ore rubate alla formazione scientifica, informatica economica. Si insegna ancora filosofia con la puzzetta sotto il naso e si sfornano tanti acculturati dottori in lettere, scienze politice, filosofia che poi andranno ad arricchire la schiera dei precari del call center, frustratissimi e facile raccolto dei demagoghi politico televisivi. Si da la colpa all’impresa, in Italia prevalentemente media e piccola che, contrariamente a quanto si dice in questo insulso articolo, investe moltissimo ed e dinamica ma subisce ogni vessazione possibile: lo stato socio al 50%, la palla al piede della burocrazia, le banche che qui più che altrove sono perlomeno vessatrici e dispotiche, l’inefficenza delle istituzioni, la concorrenza in casa nostra dei cinesi (Prato ad esempio) che riciclano enormi capitali della loro mafia e che fanno lavorare in nero i loro schiavi e che nessuna istituzione (dov’è la Guardia di Finanza?) si è mai sognata di fronteggiare. La nostra mafia locale e la mentalità tribale di mezza Italia. Poi questo articolo cita i cinesi della Cina: loro si investono in formazione ed anche tanta, ma i ragazzi sono irregimentati fin dalle elementari e la scuola è fortemente meritocratica, selettiva, direi spietata. Da noi la meritocrazia a scuola è stata abolita a furor di popolo da ormai 45 anni e non dagli imprenditori ne dalla Gelmini cari miei. Inoltre in Cina possono contare su sfruttamento illimitato di classe operaia e classe media (la loro concorrenza non è comunque un problema solo italiano) senza poi molte garanzie. E che dire dei citati fantastici coreani? Perchè non diciamo che li la scuola è ancor più spietata ed inumana che in Cina? La categoria dell’appiattimento scolastico caro al ns. radicalismo chic non è mai stata di casa li. Anzi se non hai chance di essere tra i migliori vai a fare l’operaio e il vessato. A questo aggiungiamo che i correttissimi coreani impongono dazi del 100% alle merci provenienti dai paesi loro diretti concorrenti, come dire: in nome del ns. liberismo loro da noi esportano di tutto, in nome delle loro leggi noi non possiamo esportare nulla. Bella forza. Nonostante tutto la nostra imprenditorialità sopravvive e talvolta prospera. Qualsiasi altro paese sarebbe già sprofondato nel baratro. Noi abbiamo parecchi problemi da risolvere, sopratutto di mentalità e classe politica. Ma non cercate di cavarvela scrivendo un articoluccio insulso come questo, che mutua argomenti triti e ritriti, buoni per propagandare un’ideuccia pseudo radicalchic sinistroide per finalucci insulsi.

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