L’unico Italiano del Granma
Care adorabili teste di capra,
sono preso dallo sconforto quando vedo tanta superficialità in giro, quando leggo o sento discorsi della gente che dice "tanto è tutto inutile, vincono sempre loro", quando sembra che tutto ti crolli addosso, quando le utopie sembrano veramente irrealizzabili, quando penso che sia impossibile puntare sul cambiamento in meglio della società, quando non si ha più fiducia negli uomini, quando vedi le morti assurde per mano dello Stato e non si fa giustizia, quando penso alle mafie, quando penso allo Stato assassino, quando penso alla maledetta indifferenza, quando penso alle guerre, quando penso a questa Italia sempre più autoritaria per il volere stesso del popolo.
Ebbene quando penso a tutto questo, leggo questo mio vecchio articolo che riporto qui sotto dedicato ad una grande persona scomparsa due anni fa, e il morale mi si risolleva.
Capisco che ci sono sfide che sembrano perse in partenza.
E invece, comunque la si pensa, vedere una piccola barca che parte per Cuba a fare la rivoluzione, sfidando anche la natura, si capisce che se non si osa, allora sì che tutto è veramente perso...
Nello stato di Veracruz, in Messico, la notte tra il 24 e il 25 novembre del 1956 era "buia e tempestosa" come nel più banale degli inizi di un avventura.
Dal porto fluviale alla foce del Rio Tuxpen, ottantadue uomini si stipano su un motoscafo che ne potrebbe trasportare comodamente una decina e scomodamente non più di venti e già questa sembra un azzardo, anzi, una scelta scellerata. L’imbarcazione si chiama Granma, abbreviazione di "granmother", perchè il precedente proprietario americano aveva un debole per sua nonna.
Care teste di capra, così iniziò la Rivoluzione Cubana, con un atto di sfida contro ogni logica dei rapporti di forza, delle condizioni avverse, persino contro le leggi della fisica visto l’ammassarsi di corpi su un motoscafo sgangherato per una traversata di otto giorni con mare infuriato. Comunque la si pensi fu un impresa epica che è entrata nella storia.
Tra le 82 persone con a capo Che Guevara e Fidel Castro c’era un italiano e tra l’altro unico europeo: Gino Donè, l’italiano del Granma!
Nato a Piave si unì non ancora ventenne ai partigiani e combattè i nazifascisti; nel dopoguerra emigrò in cerca di lavoro a Cuba, finchè entrò in contatto con gli ambienti dell’opposizione alla dittatura filo americana feroce di Batista. Conobbe Fidel Castro e lo volle subito con se visto che era l’unico che aveva combattuto contro un esercito di occupazione. E se era scampato ai tedeschi...
Divenne anche un grande amico del Che, ancora oggi infatti lo chiama Ernesto.
Gino Donè nonostante sia ritornato a vivere nel Veneto, ogni anno si recava all’Avana per le celebrazioni di "quelli del granma".
Chissà cosa pensa del revisionismo, ma immagino che se ne infischi. Un tipo umile, commovente anche! Era un rivoluzionario, apparentemente duro, ma in realtà trasmette solamente tenerezza.
Hasta siempre Gino!
Siete depressi, scoraggiati, disillusi? Ascoltate le sue parole, anche uno squallido incarcerato come me si è commosso:
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