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 Home page > Attualità > Politica > L’appello al dialogo che non ci può essere

L’appello al dialogo che non ci può essere

Ancora una volta il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha invitato al dialogo, anche in nome del fatto che la gente è stanca delle risse continue.
Ancora una volta l’ha fatto coi Magistrati, perchè, ha detto, è meglio che i Giudici dialoghino con la politica. E’ meglio che le riforme della Giustizia siano il risultato di un confronto tra il legislatore, cioè la politica, cioè i parlamentari, e i giudici, che poi sono l’oggetto della riforma.

Ora, a parte il fatto che per i giudici è ben difficile dialogare con chi li insulta un giorno sì e l’altro pure. Con chi li definisce disturbati mentalmente, diversi geneticamente dalle altre persone. Con chi li accusa di essere toghe rosse e comuniste. Con chi li delegittima continuamente. Con chi li insulta pubblicamente e li accusa di ogni nequizia, sol perchè fanno il loro lavoro.

Orbene, a parte il fatto che è davvero impresa titanica dialogare con siffatti interlocutori, non si capisce su cosa debbano esattamente dialogare.

I parlamentari, - la politica, tradotto in soldoni, - fanno le leggi che, mai come in questa legislatura sono di iniziativa governativa. Nell’esercizio della funzione legislativa, qualunque sia la materia su cui verte la legge, i parlamentari non sono tenuti a concordare con nessuno i contenuti delle leggi. Per dire, neanche col Presidente della Repubblica, che a legge approvata dai due rami del Parlamento, è chiamato alla promulgazione entro trenta giorni. Vale a dire che egli, dopo un penetrante controllo sui contenuti, che non devono contrastare con la Costituzione, le leggi costituzionali, le consuetudini internazionali, i regolamenti comunitari e sulla forma, che deve rispettare il dettato costituzionale la sottoscrive, se non ci sono rilievi; ovvero pone il veto sospensivo se, al contrario, qualche "sbandamento" dalla retta via costituzionale vi compare.

Proprio per questo ha trenta giorni di tempo per studiarla attentamente.

Dunque, i parlamentari che sono liberi di dare qualsiasi contenuto alle leggi, fermo restando i vincoli su elencati, non devono mettersi d’accordo con nessuno.
Ma, da un paio di Presidenti della Repubblica a questa parte, vale a dire Ciampi e Napolitano, è venuta fuori questa novità assoluta, e della quale, francamente, nessuno sentiva il bisogno.


Ed allora, visto che l’andazzo è quello, il Presidente Napolitano si è sentito in dovere di invitare al dialogo magistrati e politici affinchè "concordino" la riforma della giustizia, dei processi, delle regole procedurali, e magari, pure, di diritto
sostanziale.

Ma in realtà, la domanda che sorge spontanea è: di cosa parla?
I giudici la legge la interpretano e la applicano, ma non la "creano", non è compito loro. E’ compito del parlamento

E dopo la definitiva approvazione della legge da parte di Camera e Senato, compete proprio a lui dire l’ultima parola: ovvero firmare la legge se non viola la Costituzione e le altre norme che si indicavano sopra. Al contrario, non firmarla, e rinviarla alle camere con messaggio motivato, laddove presenti profili di inopportunità e illegittimità costituzionale.

Il suo è un delicato lavoro di "filtro" che deve essere a maglie strette, senza temere che "tanto poi me la rimandano così com’è". Anche perchè, nel caso di violazione della Costituzione ha il potere di non firmarla, senza alcun limite, in quanto se la firmasse si macchierebbe del grave reato di "attentato alla Costituzione".

E allora, se proprio dobbiamo dirla tutta, il suo appello al dialogo sembra tanto uno "scaricabarile", ovvero trasferisce sui giudici, ai quali ha garantito che ne difenderà l’indipendenza dagli attacchi della politica,- e sarebbe pure ora, - la responsabilità di entrare nel merito delle proposte di riforma della giustizia preventivamente.

Onde poter dire poi "ho firmato perchè la legge andava bene pure ai giudici", di fatto esponendoli al rischio di essere accusati, se si dovessero opporre alla riforma che questo governo e questo parlamento intendono portare a compimento, di essere i soliti sfascisti, che non voglio perdere potere, non vogliono lavorare per il bene comune e che agiscono sempre a presidio delle loro rendite di posizione.
Sinceramente è di questo che non abbiamo bisogno.

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