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 Home page > Attualità > Società > Kant, il "caso del nano" ed il valore della dignità

Kant, il "caso del nano" ed il valore della dignità

Lettera all’aggressore del Premier (e, soprattutto, ad ogni possibile emulatore).

Tutti ben saprete della "vile" aggressione che ha avuto come vittima il nostro Presidente del Consiglio. Di certo se ne parlerà ancora molto a lungo: la vicenda sarà "impiattata" ai telespettatori italiani in tutte le salse possibili e Vespa (c’è da scommetterci!) sarà già al lavoro per costruire un nuovo plastico dell’accaduto!

Non voglio parlare di politica in senso stretto, però, né voglio allinearmi all’elenco (spesso "ipocrita") dei messaggi di solidarietà pubblica che "piovono copiosi" come sempre in queste circostanze. Preferisco piuttosto, nel condannare un episodio che si commenta da solo, esprimere più in generale alcune considerazioni sul valore della persona e sul concetto di "dignità" dell’essere umano, in questi casi destinato sempre ad essere accantonato finendo nel "tritatutto" della dialettica politica. E, per far questo, prendo spunto da due mondi distinti ma che a volte si intrecciano inesorabilmente: la filosofia e la giurisprudenza.

La filosofia insegna agli uomini
 
Emmanul Kant, filosofo tedesco, meglio di ogni altro ha reso l’idea del concetto di “dignità della persona” (o “dignitas”): non a caso è stato uno straordinario pensatore a cui si devono, in gran parte, le teorie moderne a fondamento del riconoscimento universale dei diritti umani (il cui rispetto Kant fa coincidere proprio con la tutela della dignità umana). Per il filosofo tedesco “l’umanità è essa stessa dignità”, ossia: l’uomo non può mai ridursi ad essere trattato dall’uomo stesso come un semplice “mezzo”, bensì deve essere trattato sempre anche come un “fine”. “L’uomo considerato come persona - sostiene Kant - è al di sopra di ogni prezzo”, ossia non può mai essere considerato come un “mezzo” (né per fini altrui né per fini propri!).
 
La dignità dell’uomo, dunque, consiste in un “valore intrinseco assoluto” che impone a tutti gli altri esseri ragionevoli (ossia umani) il rispetto, sia della propria persona , che della persona altrui (con cui ci si deve misurare alla pari). “Il rispetto che ho per gli altri - scrive Kant - è il riconoscimento della dignità che è negli altri”: disprezzare gli altri, pertanto, è negare il rispetto dovuto in generale a qualsiasi uomo.
 
Partendo da tali presupposti, Kant arriva a sostenere che è contrario al concetto di dignità persino punire in modo disumano l’uomo più maligno che esista: “pene infamanti disonorano tutta l’umanità”.
 
Il pensiero kantiano, in realtà, non è del tutto nuovo nella storia dell’uomo: a tratti, anzi, sembra la traduzione in termini filosofici di idee già espresse nei Vangeli, ove Cristo esorta ad amare “il prossimo tuo come te stesso” (Matteo, 22,39) ed a considerare l’altro alla stregua del proprio io.
 
Nonostante ciò, Kant non può essere considerato un fautore della “non violenza” o del pacifismo “in assoluto” (“senza se e senza ma”, si direbbe oggi). Per il filosofo tedesco, infatti, dovere di ogni essere umano è non solo rispettare la dignità altrui, ma anche rispettare (e far rispettare) la propria dignità. Ragion per cui l’appello di Kant non è affatto un invito alla rassegnazione o alla sottomissione alle ingiustizie ed ai soprusi: egli, infatti, considera non solo un “diritto” bensì un “dovere” rifiutare di asservirsi a chiunque tenti di usarci come mero strumento nelle sue mani, negando la nostra qualità umana di “persona”. Finanche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art. 3), così, si giungerà a riconoscere il diritto dell’uomo “a ribellarsi alla oppressione ed alla tirannide”.
 
(Pensieri tratti dagli scritti kantiani “Fondazione della metafisica dei costumi” del 1785 e “Metafisica dei costumi” del 1797)
 
La giurisprudenza conferma
 
A dimostrazione di come a volte filosofia e diritto si intreccino inesorabilmente, una storica (sia pur recente) sentenza del Consiglio di Stato francese (del 27 ottobre 1995), relativa al cd. “caso del nano”, affermerà giurisprudenzialmente per la prima volta come un essere umano non può (nemmeno “volutamente”) rinunciare alla propria dignità, per cui, a maggior ragione, nessuna persona può “disprezzare” la dignità di un altro essere umano.
 
La controversia in oggetto risaliva al 1991 e vedeva contrapposti una società di spettacoli ed un sindaco francese: una discoteca di Morsang-sur-Orge (cittadina a sud di Parigi) rivendicava il diritto di far svolgere uno spettacolo di “lancio del nano” (consistente nel consentire agli spettatori il lancio di un nano per gareggiare a chi riuscisse a lanciarlo più in alto), legittimando la propria posizione con la libera scelta del nano di prestarsi allo spettacolo (egli stesso, difatti, rivendicava per sé il riconoscimento del diritto al lavoro e della libertà d’impresa e di commercio). Il sindaco della cittadina francese, invece, aveva vietato lo svolgimento della manifestazione per ragioni di “ordine pubblico” e di tutela della “dignità” della persona.
 
Il supremo organo di giustizia amministrativa francese, così, sentenziò che “utilizzare come proiettile una persona affetta da un handicap fisico, e presentarla come tale, lede la dignità della persona umana”. Lo spettacolo, insomma, non si è più svolto. Con buona pace di Kant!
 
E gli italiani?
 
Questa breve dissertazione (forse “fuori dalle righe”) vuole conseguire un solo scopo: stigmatizzare ogni forma di “violenza cieca” in quanto tale (contro chiunque sia rivolta, sia pure il più “acerrimo avversario” politico), in quanto umiliante e degradante sia per chi la pone concretamente in essere sia per chi la avalla o giustifica, e condannare l’ormai cronico “imbarbarimentodello scontro politico in Italia.
 
L’Italia da troppo tempo si autocondanna ad un eterno scontro tra “guelfi e ghibellini”, vivendo nella costante e smaniosa ricerca a tutti i costi di un “nemico” da combattere con ogni mezzo, perdendo del tutto ogni capacità di ascolto delle ragioni degli altri e, in ultima analisi, dimenticandosi dei problemi reali e quotidiani della gente.
 
Insomma: un’Italia “normale”, un Paese civile, una Democrazia matura, una politica del fare appare ancora un traguardo irraggiungibile!
 
Dal canto mio, rivendico unicamente la libertà di avere un’altra idea della politica, un’altra visione della società ed un’altra scala di valori di riferimento rispetto al modello berlusconiano (di non essere né cattolico né democristiano, per intendersi) senza per questo arrivare ad “odiare” un avversario politico.
 
Il grande scrittore russo Varla Salamov, per anni prigioniero nei gulag siberiani, nell’opera “I racconti della Kolima” racconta: “Stavo per morire per qualcosa che nemmeno credevo di avere ma che, nel momento che mi hanno chiesto, ho capito essere la cosa più importante che avessi: l’anima”. Cito questo passo soltanto per ricordare che tutti abbiamo un’anima (o una coscienza, uno spirito, una spiritualità, una dignità) che ci contraddistingue come uomini, come esseri pensanti più evoluti nella catena alimentare. Non basta solo possederla, però: occorrerebbe anche che ognuno si impegnasse nel suo piccolo per dargli un senso.
 
Fonte: “Spazio Libero

Commenti all'articolo

  • Di carlo aragonese (---.---.---.189) 16 dicembre 2009 11:28
    carlo aragonese

    Mi trovo d’accordo. Ci voleva Kant a mettere d’accordo tutti.
    Ribadisco un mio concetto, espresso in un altro articolo.
    Erich Fromm ci informa che l’uomo è stato creato geneticamente "libero" e, quindi, pieno di dignità: tant’è che non accetterebbe condizioni di dominanza - sottomissioni. E’ la società progressista, con le sue esigenze, a costringerlo all’adattarsi, perciò a guastarlo.

  • Di LIBERALVOX SocialNetwork (---.---.---.111) 16 dicembre 2009 11:52
    LIBERALVOX SocialNetwork

    Sono una ragazza di 25 anni e chiarisco che il movimento "no b-day" è nato su internet. Facebook è stato il suo promulgatore, in pochissimi giorni ha raggiunto 350 mila iscritti e mai è stato voluto o creato con l’intento di appoggiarsi ad un partito politico. Televisioni e giornali hanno attribuito tutto ciò a Di Pietro per tentare di sminuire la faccenda, così chi ascoltava i tg o leggeva i giornali avrebbe pensato alla solita trovata "dipietrista"! Scomodo far pensare che cervelli attivi in quest’Italia malata possano organizzarsi e ritrovarsi per manifestare il loro dissenso nei confronti del Premier, figura che riteniamo non rappresentarci. Io ero a Roma il 5 dicembre, eravamo più di 1milione, un corteo di oltre 5 Km. Famiglie con bambini, anziani e giovani che sfilavano pacificamente con un ideale comune, chiedere un nuovo percorso politico. Per un’Italia migliore non è necessario essere di sinistra, per non votare Berlusconi non bisogna essere comunisti o dipietristi, ma è sufficiente essere semplicementi "onesti", andare oltre le logiche opportunistiche di partito, oltre i propri affari ed intrallazzi personali, oltre le spartizioni di una torta che ormai non c’è più e soprattutto non mettere mai in stand by il proprio cervello... e chissà che dalle ceneri di questo casino tutto italiano e dalle pagine del web non nasca un nuovo movimento: il partito degli onesti!
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