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Italiani: diventare cattivi pagatori senza essere truffatori

Il riscaldamento, l’acqua calda, un buon pasto. Refrigerio d’estate con un condizionatore e qualche giorno di meritata vacanza. E poi poter fare un regalo ai propri cari anche se non è Natale. Passare più tempo in famiglia. Godere delle piccole cose della vita.
 
Beni fondamentali. Nulla di eccezionale.
 
Eppure queste necessità umane e tutte prioritarie sono sempre più spesso escluse dalla vita dell’uomo comune. Quello che se è fortunato ha persino un lavoro. Mal pagato. Ma ce l’ha. E che nonostante ore passate nel dovere/diritto di lavorare, apporta il suo contributo al mantenimento della Nazione. Dello Stato.
 
Quello Stato che ora attinge a piene mani anche dall’accantonamento degli impiegati che a suo tempo decisero di lasciare il proprio Trattamento di Fine Rapporto lavorativo (TFR) nelle casse dell’Inps. E non dà né garanzie né uno straccio di ricevuta scritta ai contribuenti. Lasciati orfani e senza conferme di poter attingere un giorno a quel piccolo porcellino salvadanaio, riempito col sudore della fronte.
 
Oggigiorno, sono migliaia le famiglie che si trovano a dover fare i conti con l’incapacità economica ad assicurarsi i beni fondamentali. Bollette della luce e del gas che si ammassano. Distacchi dei servizi in aumento. Moderazione nei beni alimentari. Vacanze? Una voce depennata. Fra le prime.
 
Ed i rapporti umani che pian piano si scolorano. Non c’è tempo. Non c’è più nemmeno voglia. Il morale si sa va di pari passo alla tranquillità. Meglio: alla sicurezza. Della sopravvivenza. Propria e dei propri cari. E quando questa fondamentale sicurezza viene a mancare, ecco che si cancella in un sol colpo, il diritto di esistere.
 
Sicurezza: vogliono abituare la gente che il concetto di sicurezza è rappresentato da altri criteri. Non è la sicurezza dell’oggi. Tantomeno del domani. No: sicurezza è “altro”. Anche se poi, pure per gli altri parametri collegati al concetto di sicurezza, nessuno fa più nulla.
 
Sicurezza di poter dire a se stessi: darò da mangiare, da coprirsi dignitosamente, da gioire di piccole cose quotidiane ai miei cari. Sicurezza di poter immaginare il domani da affrontare non da ricchi – per carità – ma da persone che con l’impegno di una vita intera, hanno potuto creare un cuscinetto per proteggersi nei momenti di crisi, o per immaginare l’età che avanza protetti da un giusto reddito, pari a quanto si è dato in controvalore lavorativo.
 
Nossignore: questa sicurezza, nessuno la prende in considerazione. E da troppo tempo.
 
Si biascica qua e là qualche frase, che non è più neppure ad effetto. Si lamentano sporadicamente criteri di equità. Ma nessuno muove un solo passo, nella direzione della concretezza.
 
Riflettere sul fatto che, in una nazione come l’Italia ci sono milioni di persone che non possono affrontare la vita per una economia personale devastata e ci sono parallelamente persone che invece, pescando nel torbido, si consentono cose e privilegi inimmaginabili, fa venire i brividi. Il freddo nel cuore. Una rabbia senza pari.
 
Cos’è diventata la civiltà? Un concetto astratto fatto di luci psichedeliche che una volta spente mostrano l’orrore di una condizione sociale da fossa dei serpenti.
 
E’ l’idea ed il concetto per cui chi “conta” ha necessariamente diritto ad allontanarsi migliaia di chilometri dalla condizione di milioni di persone che hanno la sola colpa di non esser nati per passare “dall’altra parte”. Dalla parte di quelli che tutto possono, nel bene e nel male.
 
Il divario è talmente eclatante, da non riuscire a comprendere come ancora esista un criterio di nazione intesa come comunità.
 
Non ci si sente a casa. A casa propria. Tutto è divenuto aleatorio. Provvisorio. Insicuro. Instabile. Impossibile.
 
Questa, è l’insicurezza. Non certo privare il territorio dal “nemico” extracomunitario, che non toglie lavoro a nessuno, tranquilli, visto che la maggior parte di loro si spaccano la schiena per lavori che pochi italiani prenderebbero mai in considerazione, ed a condizioni disumane.
 
La sicurezza che è necessario pretendere a gran voce, parla di sostegni equi. Di futuro chiaro. Di possibilità di poter contare su se stessi. Di non dover chiedere favori e prestiti. Di poter, peraltro, essere cittadini capaci di pagare le spese di sussistenza e di non dover patire anche l’ignobile colpa di restare indietro, per mancanza di denaro.
 
Oggi, non sentirti da meno, se non hai pagato la bolletta o l’affitto. Sentiti piuttosto arrabbiato. Perché quella bolletta tu la pagheresti se lo Stato in cui sei nato e vivi te lo consentisse.
 
E se sei pensionato, hai diritto a vivere al caldo. Con pasti più che decenti. E con nipoti e parenti a cui fare un regalo o portare un sorriso.
 
In Italia, la situazione dei pensionati è la peggiore in Europa. Anche questo è uno scandalo di cui si parla sempre troppo poco. E per cui non si fa nulla. Ma possiamo “vantare” uno 0,39% di pensionati illustrissimi che hanno una pensione che va dai 30.000 euro al mese in sù. Ottenuta per avere scelto in tempo utile la strada da percorrere.
 
Dover considerare che l’energia vitale del Paese, fatto di lavoratori ed ex lavoratori è minata nei criteri fondamentali e nei basilari diritti dell’uomo, è un misfatto. Grave.
Di cui nessuno vuol parlare veramente. Ma se tutti insieme, non scorderemo per un solo minuto, che si ha diritto tutti ad una sicurezza fatta di criteri umani, forse si troverà la voglia non più di manifestare la propria rabbia, bensì di dire "No!" Un No globale. Scaturito dall’anima e non dalla mente. Un No che accomuni tutti. In un sol respiro.
 
Un No da espletare non più con la rinuncia, ma con la presa di coscienza che così non si può continuare, perché non c’è vita nel mistero del domani. Non c’è vita nell’arrancare. Non c’è vita nel dover divenire “cattivi” pagatori e non per tendenza alla truffa.
 
E se non sono coloro messi al potere a pensare al proprio popolo, dobbiamo essere noi, noi tutti a guardarci in faccia l’un l’altro, rimboccarci le maniche e fermarci. Per ripensare un presente degno ed un futuro mite ma sicuro. Per noi. Per gli altri. Per il nostro domani. Per quello dei figli che la vita ci ha regalato.
 

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