Il premio nobel dato a zio Tom
Il premio nobel per la pace lo hanno dato alla parodia dello zio Tom?
Questo tizio ha quello che si definisce "il fisico giusto per interpretare il ruolo".
E’ nero (negro per i suoi detrattori razzisti), non si capisce se sia anche musulmano ed arriva dalla gavetta (così dicono).
Lo hanno celebrato per il suo discorso "imbarazzato"; mentre ritirava il Nobel per la pace scorrevano le immagini dell’ennesimo massacro di civili in Afghanistan fatto "per errore".
Nel raccontarci quanto sia faticoso promuovere guerre giuste non ci ha pero’ detto se quelle guerre è giusto giustificarle con la menzogna.
Questo solo per stare a cose che conosce perfettamente.
Se una guerra si fonda sulla menzogna è difficile che sia giusta.
Forse è giustificata la guerra che si fa per reagire quando ti attaccano. Da questo punto di vista l’unica guerra giusta che mi viene in mente è quella dei palestinesi. Ma sappiamo che quella non conta.
Ve lo immaginate uno di colore e liberal come lui che dice ad un sionista israeliano, che usa ancora a giustificazione delle sue azioni in Palestina il tallone di Hitler nei suoi confronti, di togliersi dai coglioni da territori che non gli appartengono sennò gli farà una guerra giusta?
Io non me lo vedo. Penso solo che in molti casi è meglio tacere.
Sarebbe come dire che è giusta la guerra di resistenza, il terrorismo. Che era giustificata la bomba algerina in un bistrò parigino o il kamikaze su un pulman in Israele. Un discorso complicato quando si inizia a cercare il pelo nell’uovo.
Mi consolo proponendo il dibattito che si aprì sull’uso dello zio Tom, negli anni 60, nella comunità afroamericana e quello che pensava Angela Davis della politica statunitense sul Vietnam.
Quest’ultima è una "niger" che all’establishment bianco non piaceva per nulla. Mi chiedo il perché.
La condizione razziale ad uso e consumo
fonte: WWW.PARODOS.IT
Il movimento di protesta afroamericano degli anni Sessanta si schierò contro il romanzo, poiché esso conteneva accenni all’inferiorità razziale dei neri. Tuttavia, il romanzo della Stowe costituì e costituisce ancora oggi un documento per comprendere le dinamiche razziali negli Stati Uniti dell’Ottocento.
«Così lei è la piccola donna il cui libro ha dato inizio a questa grande guerra», le disse il presidente Lincoln ricevendola alla Casa Bianca nel 1862. E anche se quel «piccola donna» non deve esserle sembrato un gran complimento, la guerra civile americana che Harriet Beecher Stowe aveva contribuito a fomentare con La capanna dello zio Tom era stata senza dubbio grande. Almeno quanto l’impatto del suo romanzo abolizionista sulle coscienze di chi l’aveva combattuta.
Angela Davis, perché è comunista?
Prima di tutto io sono nera. Ho consacrato la mia vita alla lotta per la liberazione del popolo nero, il mio popolo asservito, imprigionato!
Io sono comunista, perché il motivo per il quale noi siamo costretti con la violenza a vivere miseramente, ad avere il livello di vita più basso di tutta la società americana, è in stretto rapporto con la natura del capitalismo. Se noi riusciremo un giorno ad emergere dalla nostra oppressione, dalla nostra miseria, se riusciremo un giorno a non essere i bersagli di una mentalità razzista, di poliziotti razzisti, dovremo distruggere il sistema capitalistico americano.
Bisognerà sopprimere un sistema nel quale si garantisce a qualche ricco capitalista il privilegio di continuare ad arricchirsi, mentre un intero popolo, costretto a lavorare per i ricchi, non può mai elevarsi in maniera sostanziale, e ciò vale soprattutto per i neri.
Sono comunista perché credo che il popolo nero, il cui lavoro e il cui sangue hanno reso possibile edificare questo paese, ha diritto ad una gran parte delle ricchezze che hanno accumulato gli Hugh, i Rockefeller, i Kennedy, i Dupont, tutti gli strapotenti capitalisti bianchi d’America.
Sono comunista perché penso che i neri non dovrebbero essere costretti a fare una guerra razzista e imperialista nel Sud-Est asiatico, dove il governo USA rifiuta con la violenza più inumana ad un popolo non bianco il diritto di autogovernarsi, esattamente allo stesso modo in cui, durante interi secoli, ha usato la violenza per sopprimerci.
La mia decisione di iscrivermi al gruppo Che-Lumumba, collettivo nero militante del partito comunista, deriva direttamente dalla mia convinzione che la sola via per la liberazione di tutti i neri è quella del rovesciamento completo e totale della classe capitalista e di tutti i suoi mezzi di oppressione. Il compito del gruppo Che-Lumumba è di organizzare i neri in funzione dei loro bisogni immediati; ma, allo stesso tempo, di creare un’armata di combattenti per la libertà che rovesceranno i nostri nemici.
Noi sappiamo che, per raggiungere questo scopo finale, dobbiamo unire le nostre forze a quelle degli elementi progressisti della popolazione bianca di America, che ha visto come noi la natura della bestia capitalista.
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