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 Home page > Attualità > Società > Il mondo cambierà. Quando smetteremo di indignarci.

Il mondo cambierà. Quando smetteremo di indignarci.

Il mondo cambierà. Quando nessuno si indignerà più.
 
Indignazione. E’ un termine che rispecchia l’emozione provata da molti cittadini Italiani. Indignazione per la mancanza di chiarezza da parte del mondo politico. Indignazione per quelle soluzioni che sembrano non giungere mai. Indignazione, per quelle falle – tutte nostrane – che portano il nome di scandalo, abusi di potere, abusi in genere.
 
Indignazione per quelle vite private di esistenza. Per quei morti per nulla, sul lavoro o sulle strade. Indignazione per quelle guerre di “pace”: un concetto così astruso e contraddittorio proprio della nostra epoca, così complessa e contraddittoria.
 
Indignazione per quelle tragedie naturali che si mescolano con colpe del tutto umane che le amplificano, le scompigliano, le rendono ancor più laceranti. Sassi dispersi nelle caverne dell’imposizione a tutto tondo di una mania alla speculazione che tutto vede e tocca, macchiandolo di sangue.
 
Indignazione per quell’informazione negata. Svenduta per “mancata libertà di stampa” ma che in realtà è la volontaria non volontà di Comunicare alla nazione. Troppo stretti i vincoli col potere. Troppo oneroso rendersi meno schiavi di padroni assetati del sangue di chiunque non gli sia pari.
 
L’indignazione. Che non si trasforma mai in Azione. Mescolanza di criteri complessi ma che non generano concretezza. Indignazione è un’alternanza di sapori. Colori e visioni. Certezze mai confermate. Dubbi accettati come possibile tramite fra la realtà ed il virtuale, in un mondo che opera a soggetto. Copione di tanti altri soggetti, mascherati da civiltà.
 
Eppure, non sarà l’indignazione che salverà il Paese. Né le persone. Né i morti. Né le tragedie naturali, scompigliate ancor più dalla mano affamata dell’uomo. Non sarà la quieta seppur mossa indignazione a farci procedere verso un processo di sviluppo, sempre più spesso contrabbandato da ampie possibilità di prismatiche visioni di ciò che saremo e che siamo.
 
L’indignazione – finché tale e sola rimarrà – non produrrà altro se non altra indignazione.
 
E’ necessario poter rivedere il criterio di una intera comunità indignata e rendere azione ciò che tante parole di dissenso e tante riflessioni senza costrutto hanno generato negli anni.
 
L’indignazione nasce da un buon sentimento, che è quello di una sorta di onestà mista alla capacità di adeguarsi al cambiamento operato per vie traverse, non dalla naturale evoluzione umana, bensì da ciò che chi comanda, prevede di ottenere.
 
Non accettare scientemente queste vie traverse, sarà alla base di un processo di revisione del concetto comune di cittadinanza.
 
Indignazione è un punto limite. Un punto di non ritorno. E non l’abitudine ad esserlo.
 
Finché non si sarà capaci di procedere – compatti – in questo senso, continueremo ad indignarci sull’indignazione. Abominevole compromesso fra l’assoluta incapacità di muoversi senza essere governati e quel sottile piacere – del tutto discutibile – all’essere avvezzi al lamento.

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