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 Home page > Attualità > Economia > I costi della mancata Giustizia

I costi della mancata Giustizia

Recentemente CONFARTIGIANATO ha provato a contabilizzare l’importo del costo economico, per il mondo della produzione, della lentezza della giustizia, indicandone anche il risultato sulla stampa quotidiana ; con ciò assumendo che sia possibile fare questo tipo di conteggio.

Orbene, una delle caratteristiche dell’economia, finora forse non sufficientemente messa in evidenza, è che essa riflette come uno specchio le condizioni in cui vive e si sviluppa, insomma il suo habitat.

Non molto diversamente dai soggetti appartenenti al mondo animale ed al mondo vegetale, i soggetti economici agiscono automaticamente al di fuori di ogni altra considerazione che non sia quella della loro sopravvivenza; esattamente come deve fare il Principe secondo Niccolò Macchiavelli.

E perseguire la propria sopravvivenza non è qualcosa di astratto, è qualcosa di tremendamente concreto, basato sul dato di fatto fondamentale costituito dall’ambiente, in cui il soggetto si trova ad agire.
 
Adam Smith parlò di «mano invisibile» del mercato e, forse, fece solamente una prima approssimazione, adottando il deus ex machina della concorrenza mercantile come fattore regolativo dell’attività economica, al posto della più generale interrelazione del soggetto economico con il proprio habitat.

In questo senso etica ed economia nascono disgiunti, così come lo diventati l’etica e la politica medioevali dopo la lezione di Macchiavelli.
 
Il soggetto economico poco o nulla si pone il problema della lentezza della Giustizia : egli ne tiene conto, insieme a tutte le altre caratteristiche del proprio habitat, nella sua quotidiana lotta per la sopravvivenza.
 
Dunque il conto da fare per l’inaccettabile lentezza della Giustizia non è per il soggetto economico, ma per l’intera collettività, che si ritrova un’economia diversa da quella che avrebbe con un diverso habitat ; e non è questo un conto tanto facile da fare, anche perché il fattore tempo, di cui l’attuale sistema giudiziario erroneamente e presuntuosamente si disinteressa, è, invece, una della variabili fondamentali in economia.

Insomma, se la Giustizia non funziona, le spese, alla fine, le paga il cittadino, che non trova un posto di lavoro, non ha risorse economiche per arrivare a fine mese ed altro ancora perché l’economia non prospera.

Da più parti e da tanto tempo si invoca una profonda riforma del sistema giudiziario per ridurne gli abnormi tempi, ma non si vede ancora l’uscita dal tunnel, in cui si trova l’Amministrazione della Giustizia nel nostro Paese.
 
Oggi si propone un unico rito al posto dei tanti diversi esistenti ; forse si dovrebbe ricercare un rito diverso.

Ad esempio affidando ai Giudici di Pace una fase propedutica a quella del giudizio, volta ad accertare l’identità delle parti in causa, l’oggetto del procedimento, le domande avanzate dalla parte agente e le obiezioni della parte resistente ; una fase predisposta anche alla ricerca i una composizione stragiudiziale, atta ad evitare il passaggio alla successiva fase del giudizio, affidata, questa si, ad un magistrato togato e resa in tal modo breve e diretta verso la sentenza.

Questa o un’altra soluzione, purché l’amministrazione della giustizia divenga efficiente. Come diceva Deng Xiaoping, non importa il colore del gatto : importa che acchiappi il topo.
 
Quest’ultima espressione, a pensarci bene, è assolutamente congruente con i precetti del «Principe».

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