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Fiat-Opel, Marchionne: "La partita è complessa"

L’ ad del Lingotto: <<Lasciateci lavorare e vediamo dove arriviamo. La partita è complessa perchè è un anno di elezioni in Germania ed il caso è ormai pubblico>> 

Secondo Marchionne quindi il caso dell’acquisizione del marchio di Ruesselsheim è diventato un caso politico.

A dimostrazione di ciò è lo scontro tra i governatori dei lander dove Opel ha dei siti produttivi: un attacco alla casa torinese è arrivato ieri dal governatore della Renania-Palatinato dove è presente il sito di Kaiserslautern, Kurt Beck, il quale ha accusato addirittura Fiat di mentire sugli esuberi dei lavoratori tedeschi.

Nelle ore successive alla presentazioni dei piani da parte del Lingotto, di Magna e di Rhj, era stato lo stesso Marchionne a riferire di un eccesso di produttività del 20%, ma aveva immediatamente corretto il tiro affermando che "un eccesso del 20% nella produttività non si traduce automaticamente nella stessa percentuale di esuberi per la forza lavoro".

L’ad Fiat aveva fortemente criticato poi anche i piani presentati dalle rivali nell’affaire Opel, dicendo che "il nostro piano è l’unico vero piano industriale, quelli presentati da Rhj (controllata dal fondo Usa Ripplewood) e da Magna sono solo piani finanziari", ed ieri ha confermato le sue parole: "Fiat può contare su una realtà industriale che per me è molto più razionale".

Marchionne si era poi detto certo che Fiat avesse almeno il 50% delle possibilità di portare a casa il risultato.

E’ inutile stare a riportare per ora tutte le eventuali indiscrezioni sulla compagnia favorita, come sta succedendo in queste ore su tutti i siti europei specializzati, a cominciare da quelli giornalistici tedeschi, quando poi non si conosce nemmeno un decimo dei piani di acquisizione presentati; certo la casa madre GM non ha alcuna intenzione di cedere alla casa di Torino senza un’adeguata contropartita. 

E le ragioni sono ovvie: ancora non è andato giù alla compagnia di Detroit il fallimento della trattativa con la stessa Fiat nel 2005, che ha portato GM a versare al Lingotto una penale di 1,5 miliardi di dollari, ed ancora di più l’accordo Fiat-Chrysler, sua diretta concorrente negli Usa.


Ed infine ancora più amaro è stato il boccone che ha dovuto ingoiare quando il Presidente Usa, Barack Obama, ha deciso di salvare la più piccola delle case di Detroit, e cioè la stessa Chrysler.

Sul fronte politico tedesco poi sono certe le pressioni del gruppo Volkswagen sul governo di Berlino, che "teme di ritrovarsi gli italiani in casa".

Infine ieri il Lingotto ha dovuto, tramite un comunicato, precisare che la stima degli esuberi della forza lavoro non è di 18 mila unità, come si continua a ripetere, ma la cifra si aggirerebbe intorno alle 10 mila unità in tutti gli stabilimenti europei coinvolti nell’operazione.

Mentre la stampa tedesca tutta è concorde nell’affermare che il piano presentato da Torino è il terzo per rilevanza, secondo il governo di Angela Merkel, noi con un pizzico di cinismo affermiamo il contrario, e per due semplici considerazioni:


-  E’ senz’altro vero che il piano presentato da Marchionne è l’unico ad avere una valenza industriale, rispetto a quelli presentati dalle concorrenti;


- Fiat può contare sulla chiusura e/o il ridimensionamento di siti italiani, quali Pomigliano o Termini Imerese, ovvero può rinunciare ad un suo marchio (vedi Lancia), per limitare al massimo il danno sull’occupazione degli stabilimenti tedeschi.

Si tratta di scegliere di sacrificare i lavoratori italiani in vista di un accordo con il governo tedesco: e questa sarebbe, a mio avviso, l’ipotesi più agghiacciante.

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