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Cosentino e i diritti dell’Italia

 Il sottosegretario all’economia, Nicola Cosentino, ha ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare. Le accuse non sono certo morbide, tutt’altro: concorso esterno in associazione mafiosa. Già un anno fa "L’Espresso" aveva denunciato la presenza di quest’uomo, da tempo chiaccherato e considerato vicino al clan mafioso dei Casalesi. Nonostante ciò il governo Berlusconi non ha mai fatto nulla, ma nemmeno l’opposizione, a dire il vero, tranne che per qualche interrogazione parlamentare che, al giorno d’oggi, lascia il tempo che trova.
 
Questo fatto ci costringe a interpellarci su quanto e come le mafie riescano a penetrare all’interno delle istituzioni e quanto sono responsabili i partiti in tutto questo. Innanzitutto io desidero sottolineare come la mafia si distingue dal normale gangsterismo proprio perché è capace di intrattenere rapporti con la politica e con le istituzioni. Ora la mafia da qualcosa alla politica, ora la politica da qualcosa alla mafia. Dunque una cosa è certa, se la mafia c’è allora ci sono anche i politici che lavorano per essa invece che per la collettività.
 
Fatto sta però che ogni volta che qualche pm comincia un’indagine o chiede un rinvio a giudizio nei confronti di un politico, meglio ancora se di livello nazionale, si scatena una bufera. Si parla di giustizia ad orologeria, di diffamazioni, di tranelli, di invenzioni, di teoremi. In pratica, se dovessimo dar retta ai diretti interessati o ai loro colleghi, la mafia vivrebbe di vita propria, senza alcun appoggio politico, i quali sono costantemente invenzione dei pm manovrati dalla parte politica avversa. A volte però, messi alle strette, alcuni politici si limitano ad ammettere come effettivamente la mafia qualche appoggio dalle istituzioni lo possa avere, ma per lo più dalla politica locale.
 
Ora, è innegabile che la politica locale sia fortemente responsabile per quanto riguarda l’espansione e il rafforzamento delle mafie. Lo stesso Provenzano preferiva intrattenere rapporti coi rappresentanti locali che con quelli nazionali. Ma ciò non significa affatto che non vi siano collusioni anche all’interno del Governo o del parlamento e, anche se così non fosse, non solleva certo i partiti dalle loro responsabilità.
 
Spesso si parla di garantismo e del fatto che non si può accusare una persona prima ancora che venga dichiarata colpevole al termine di un processo. Questo è vero, non si può definire Cosentino un mafioso, anche se molti dicono che effettivamente lo sia. Però si può, ad esempio, evitare di fare di quell’uomo un pezzo grosso del più grande partito italiano, il PdL. Si può evitare di farlo diventare sottosegretario o di candidarlo alle elezioni regionali campane. Ci sono insomma delle valutazioni di convenienza da fare: è bene che un uomo su cui gravano così forti sospetti ricopra dei ruoli così importanti all’interno delle istituzioni?
 
Se Cosentino fosse veramente un uomo dei casalesi, se essi vantassero dei crediti su di lui, allora non è che il povero sottosegretario sia costretto a lavorare a loro nome invece che in nome dello Stato e della costituzione repubblicana? Se così fosse allora l’on. Cosentino non farebbe affatto il suo lavoro come dovrebbe, non lavorerebbe per il bene pubblico, ma solo per l’interesse di una cosca di criminali e di imprenditori scorretti e senza scrupoli.
 
Io penso che oggi, in politica, vi sia bisogno di più moralità e di più rispetto per la gente onesta. Io non vorrei più vedere un altro Cosentino, ma avrei potuto dire lo stesso con i casi Dell’Utri, Mannino, Andreotti, Cuffaro e quant’altro. Più i grandi partiti si rifiutano si far sparire questi uomini su quali gravano gravi sospetti di mafia, più mi viene da pensare che in effetti siano davvero coinvolti, e che i voti della mafia facciano ancora comodo a molti.
 
E’ necessario però che sia la voce del popolo, la società civile, i media a fare pressione sui politici perchè si cambi registro. Ci sono tantissime persone oneste e valide in Italia, che possono ricoprire il ruolo di Cosentino con una competenza almeno pari alla sua. Possibile che la scelta debba ricadere proprio su di lui? Io penso che, in politica, si possa anche saltare un giro, dimostrare la propria innocenza davanti a un tribunale, e poi, nel caso si trattasse effettivamente di un buco nell’acqua, tornare in politica con anche la possibilità di fare le vittime, cosa che in Italia non guasta mai.
 
Bisogna poi considerare come i diritti del sospettato siano certamente sacri e meritevoli di rispetto, ma ancor di più merita rispetto e considerazione il diritto del popolo di vedersi amministrato da gente onesta e trasparente. L’unica cosa che si richiede ai grandi partiti in questi casi è di mettere da parte i sospettati di mafia e di candidare altre persone, in quanto l’Italia non si può permettere di rischiare di alimentare ancora queste organizzazioni, che fatturano 130 miliardi di euro l’anno. 
 
I diritti devono essere rispettati tutti. Sia il diritto del sospettato di avere tutte le garanzie sia quelli dell’Italia e del suo popolo, il quale deve avere la garanzia che non ci siano mafiosi all’interno delle istituzioni.

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