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Confermata la condanna a San Suu Kyi

Myanmar. Respinta la richiesta di scarcerazione di San Suu Kyi che rimane ai domiciliari e non potrà candidarsi alle prossime elezioni presidenziali. Appello del Consiglio per i diritti dell’uomo.

Il Consiglio per i Diritti dell’ Uomo di Ginevra, con una risoluzione votata all’unanimità, chiede la "liberazione immediata e senza condizioni" di San Suu Kyi e di tutti i prigionieri politici.

Intanto però il Tribunale d’Appello di Rangoon ieri ha respinto la richiesta dei suoi legali e la principale esponente dell’opposizione rimane agli arresti domiciliari. 

San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia e Premio Nobel per la Pace, non potrà quindi presentarsi alle prossime elezioni presidenziali.

La condanna, emessa nell’agosto scorso, rimane esecutiva.
Il reato contestatole resta. Ha ospitato uno straniero presso la propria dimora. Non è concesso. E dovrà scontare 18 mesi di arresti domiciliari.

San Suu Kyi, ormai 64enne, ha già trascorso 13 anni di prigionia.



La sua vita è divenuta un calvario dal momento in cui, nelle ultime elezioni presidenziali del 1990, avendo vinto, non le venne concesso di ricoprire la carica di Presidente del Consiglio. Un golpe militare annullò il voto e prese il potere.

Seguì un’escalation di violenza perpetrata con attenzione chirurgica ai suoi danni.

Nel 2003 si tentò addirittura di eliminarla fisicamente. Mentre era a bordo di un convoglio, circondata dai propri supporters, un gruppo di militari aprì il fuoco. Molte furono le vittime. La leader della Lega Nazionale per la Democrazia riuscì comunque a salvarsi, ma solo grazie alla prontezza di riflessi del suo autista.

E’ notizia di ieri un colloquio ufficiale tra un ministro della giunta militare, portavoce del governo e la stessa San Suu Kyi. La sensazione è che la richiesta proveniente da Ginevra rimarrà inascoltata
Attendiamo i successivi sviluppi.
 
 

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