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Che figata il conformismo!

 

Mi concedo una riflessione noiosa. Gaber stilava, da ottimo par suo, quella specie di manifesto del conformismo che è la sua nota canzone. E diamine se le ragioni potevano considerarsi sacrosante: si trovava a scrivere nell’imperio di una prima repubblica cartonata, che al suo paludismo assocciava il perbene dell’estrazione cattolica e la fuoriuscita da un regime che tutti, troppi, ormai sentivano alieno. Era il tempo dell’antifascismo dialettico, da alcuni considerato vero e proprio fascismo ideologico, della retorica della ragione di stato culminata nella falsa e aberrante immobilità nei confroniti dell’affaire Moro, di una classe dirigente che ancora ne piange il sangue scambiato col falso pudore di un, possiamo ribadirlo, conformismo balordo e intransigente.

Il conformismo pubblico, apparso pesante ai Montanelli, un proscenio che si faceva bello agli astanti e macrabo dietro le quinte. Ma conformismo. Tuttavia i nostalgici della prima repubblica sanno bene di poter alzare la testa, oggi. E allora: il conformismo 50-90 l’abbiamo inquadrato: sinonimi ipocrisia e corpuscolenti entità che giocavano in buonafede gomito a gomito con i proclami di una vita pubblica in verità becere. Ma così era, ed era.

Oggi? Dov’è sto conformismo? Ritengo difficile appaiarlo a qualsiasi stadio della vita governativa di questa maggioranza, tanto meno a qualsiasi suo esponente. Conformismo – che storicamente abbinerei agli atteggiamenti dei governi repubblicani, o quantomeno al suo elettorato di riferimento – possiamo additarlo nel fare dell’odierno presidente della camera, i sospetti in merito non sono però pochi. E allora avanti: conformisti nel Pdl? Nella Lega poi? No. Udc? L’avrebbero trovato conformista, un tempo, mettersi all’asta? E ora? Nel Pd? Volendo. E, dicendolo chiaro, non credo che da quelle parti dovrebbe avere diritto di cittadinanza. E’ nel ruolo ascritto ad un’opposizione, forse, evitare. Eppure se ne fanno carico, subentrando alle manchevolezze della gerenza governativa. L’abbiamo visto: funziona niente, e il pulpito vale poco la predica.

Conformismo nei quotidiani? Alcuni. L’Unità: conformista, malgrado cotanto fondatore. Corriere inutile citare. Conformista Repubblica? Il capo dei capi. Le 10 domande, per esempio: vera e propria prolusione del convenzionalismo perbene. Inservibile, però: visto con quanta grazia il signor B è riuscito a detonarne la potenza? Risposto, a modo suo. Tutti contenti: Mauro e stampa estera quasi ululano vittoria, lui scevro dall’impiccio una volta per tutte, Vespa ritratto a sfergarsi le mani e argomentazioni delle risposte ormai poco interessanti e prevedibilmente prive di contestualizzazione e veridicità. Col risultato aggiuntivo, non meno rivelante, che d’ora in poi, appresa la lezione, non gli sarà fatta più alcuna domanda a mezzo stampa, saggiata ormai l’inutilità. Auguri e complimenti.

Conformista Rutelli? Furbescamente. Sul Riformista ci svela che a breve dichiarerà nome del gruppetto e portavoce. Nel suo parlare ai moderati ci si potrebbe ritrovare quel fare da première république già evocato. E che a farlo sia un ex radicale sta forse nel conformismo all’italiana, e nella sua esasperazione odierna: prendere la rincorsa e saltare oltre il dirupo. Così.
U’

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