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Cesviamo, scometti che ci riusciamo?

“Natale, tempo di solidarietà” è una frase che siamo abituati ad ascoltare. Spesso però le numerose e meritevoli iniziative che a Natale trovano il sostegno di molti sono caratterizzate dalla mancanza di una vera condivisione e interazione che facciano sentire le persone realmente vicine ai progetti sociali. Grazie a CESVI è ora possibile entrare in una casa della solidarietà virtuale e fare un’esperienza di “co-housing on-line”, non solo a Natale.

Con il progetto Cesviamo, il CESVI, l’associazione che si occupa di co-operazione e sviluppo nel mondo, ha inaugurato un’esperienza virtuale decisamente social, basata sul concetto di condivisione di intenti a favore di progetti internazionali di solidarietà.
 
Cesviamo è una nuova forma di social network fondata sulla scommessa solidale: con il motto “Scommetti che ci riusciamo?” gli utenti possono scegliere un progetto umanitario da sostenere tra quelli contro l’AIDS o la malaria, a favore delle case del sorriso per i bambini, della foresta Amazzonica o della popolazione del Tajikistan, o per portare acqua potabile in Sudan.
 
Come funziona Cesviamo?
 
Dopo avere scelto il progetto da sostenere, bisogna dichiarare la somma che si scommette di riuscire a raccogliere via web e che cosa si farà in caso di vincita, un pegno da pagare a coloro che hanno fatto una donazione.
 
Con Cesviamo, c’è chi è riuscito a raccogliere 1000 euro per supportare la lotta alla malaria e, per un giorno, ha dovuto preparare il caffè ai colleghi ogni volta che loro lo desideravano. Deborah ha vinto la scommessa, e ha dovuto preparare venti teglie del suo famoso tiramisù.
 
Chiara ha dovuto superare la paura dell’acqua iscrivendosi ad un corso di nuoto perché ha vinto la propria scommessa a favore dei progetti che porteranno l’acqua in Sudan.
 
Anche CO+HOUSING ha scelto di entrare in questo nuovo territorio della condivisione, per scommettere e mettersi in gioco a favore del progetto Case del Sorriso.
 
Entro l’8 febbraio 2010 cercheremo di raccogliere 1000 euro che saranno utilizzati da CESVI per organizzare un corso di informatica per una classe di ragazze in India.
 
Se ce la faremo, la redazione di CO+HOUSING lavorerà per un giorno intero all’aperto e darà prova della riuscita della scommessa con video e fotografie.

La sfida è aperta: scommetti che ci riusciamo?
 
Alcune domande a Luca Fumagalli, Responsabile di Cesviamo, ci aiutano a capire meglio il progetto.
 
Cos’è e com’è nata l’idea di Cesviamo?
 
Cesviamo è un social network un po’ particolare che mette in contatto le persone intorno al tema della solidarietà, cercando di fare del coinvolgimento e della creatività personale uno strumento per raccogliere fondi e sensibilizzare attorno ai progetti umanitari di CESVI in giro per il mondo. In questo momento è un laboratorio, ma il nostro sogno è che attorno a Cesviamo nasca una community che animi il sito, per questo stiamo cercando di coinvolgere i giovani: un target insolito per il tema della solidarietà.
 
Chi dona in Italia si colloca in una fascia d’età medio-alta, mentre noi vorremmo portare questo tema tra i giovani, facendo in modo che le aspettative crescano man mano che i giovani vengono a contatto con i nostri progetti.
 
Chi si iscrive a Cesviamo e partecipa alla community può divertirsi e mettere in gioco sé stesso e i suoi amici, lanciare una sfida personale e giocare sui propri vizi o virtù: la sfida diventa un’opportunità per raccogliere fondi e realizzare un progetto sociale di CESVI. I due obiettivi di Cesviamo sono:
  1. parlare di solidarietà ad un pubblico non comune e
  2. promuovere una cultura della solidarietà più moderna, anche attraverso al ricorso di nuove tecnologie e donazione on-line con carta di credito.
In Italia la cultura della solidarietà e del dono è un po’ arretrata.
 
L’ultima ricerca di Doxa evidenzia come il 60% delle donazioni venga ancora dalla questua in contanti per strada, che non può essere rendicontata; quello che ne rimane sono le forme di donazione più classiche, postali o bancarie.
 
Noi riteniamo che sia importante, anche avvicinandosi ad un pubblico più giovane, innovare la cultura della solidarietà e costruire un contenitore come Cesviamo, ricco di informazioni e che aiuta ad avere più fiducia nei confronti di un nuovo mezzo tecnologico e della nuova forma di donazione.

In prospettiva questa può diventare la forma di solidarietà più trasparente e più efficace perché la tracciabilità di Internet è assoluta e garantita. Questa è una nuova sfida che Cesviamo porta con sé.

Quali risultati avete ottenuto finora, in termini economici e di partecipazione degli utenti?

Abbiamo quasi raggiunto i 1000 utenti, che diventano poi donatori. Chi si iscrive a Cesviamo può fare due cose: lanciare una scommessa, scegliendo un progetto umanitario che si vuole sostenere tra quelli che il CESVI porta avanti; scegliere tra le sfide di natura economica, obiettivi di raccolta fondi da 5 a 10.000 euro, ciascuno legato a progetti che il CESVI potrà realizzare.

Una volta fissato l’obiettivo economico, bisogna decidere cosa fare pur di riuscire a vedere realizzato questo obiettivo: c’è chi da virtuoso sceglie una scommessa sportiva (parteciperò alla maratona di New York, smetterò di fumare, farò la pasta in casa tutte le domeniche); altri utenti hanno deciso di partecipare in una chiave ludica (con travestimenti, o combinando guai in ufficio). Denominatore comune, un’idea fantasiosa che abbia a che fare con noi stessi e il nostro rapporto con gli amici. A quel punto la scommessa è lanciata, la gente dona e c’è una scadenza entro la quale si dovrà riuscire a vincere e successivamente produrre fotografie e video relativi alla scommessa.

Se la scommessa non viene vinta, la persona che l’ha aperta può decidere a quale altra scommessa devolvere i soldi che ha raccolto: nulla va perso, ma rimane in circolo.

L’altro modo di partecipare a Cesviamo è fare una donazione alla scommessa più interessante e creativa o al progetto che si desidera sostenere.

1000 utenti ci hanno permesso di raggiungere 10.000 euro di donazioni: sembrerebbe un dato basso rispetto alle raccolte fondi, anche del CESVI, ma è un dato straordinario perché viene da un pubblico che generalmente non effettua donazioni e quei soldi sono stati raccolti tramitre carta di credito su Internet, uno strumento davvero poco utilizzato in Italia.

Dietro quei 10.000 euro ci sono 1.000 giovani e un modo di avvicinarsi alla donazione molto moderrno.

Quali sono le iniziative nate per sostenere Cesviamo, on-line e off-line?

Vorrei tenerle in segreto, perché i flashmob sono eventi segreti e... farei bene a starmene zitto! Posso dire che il Condom Mob (evento che si è svolto a Milano il 2 dicembre) sarà replicato in altre città e università con la stessa logica (riuscire a fare entrare più di 100 ragazzi in un preservativo gigante) per sensibilizzarli al tema dell’AIDS.

In generale, una community non può essere creata a tavolino e indirizzata, ma sono gli utenti che la generano, nasce dal basso. Gli obiettivi che ci poniamo in questo momento sono di attrarre nuove persone, e lo faremo sia on-line che off-line. La nostra sfida è di esprimerci in un gioco virtuale, ma vogliamo tornare anche in piazza. Della tecnologia prendiamo le cose più belle ed efficaci: l’interazione, la dinamicità e la velocità; ma la sfida del 2010 sarà la promozione di scommesse molto rumorose come il Condom Mob, per creare emulazione.

Avete in cantiere iniziative speciali per Natale su Cesviamo?

Le idee sono legate più ai progetti e nascono dal loro racconto. CESVI ha una comunicazione che riguarda il Natale, ma sul proprio sito istituzionale.

Su Cesviamo la logica è molto positiva e porta allo scoperto i progetti di CESVI in concreto.

Ad esempio, dietro al Condom Mob c’era il racconto dell’attività di sensibilizzazione per la giornata mondiale contro l’AIDS, il 1 dicembre, e attorno al tema della prevenzione.

Noi lavoriamo in Africa su questo tema, dove la malattia è un a piaga sociale ed economica, ma è importante parlarne anche in Italia e in Europa, perché la malattia non è debellata e l’attenzione non può calare. Bisogna fare rumore, alzare la voce, bisogna raccontare ai giovani che questa malattia è micidiale.

E voi parlate con il linguaggio dei giovani…

Noi crediamo che la relazione con i nostri sostenitori e con coloro con cui cerchiamo di creare un rapporto sia un percorso e cerchiamo di avvicinarci parlando un linguaggio comune. E’ un percorso in cui poco a poco ci avvicinaimo ai giovani e la relazione si fa più profonda: da contenuti emozionali a contenuti informativi sempre più complessi. Crediamo molto in questo percorso. Infatti un’iniziativa come quella del Condom Mob, per quanto di frontiera e spericolata, si accompagna a iniziative di sensibilizzazione e attività di informazione sull’AIDS.

 

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