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 Home page > Attualità > Politica > Berlusconi e la volontà di potenza

Berlusconi e la volontà di potenza

Che Berlusconi sia un aspirante dittatore - aspirante perché non credo che riuscirà nel corso della sua vita a realizzare il progetto - lo si può/poteva dedurre dal suo intervento in politica.

Che bisogno aveva una persona ricca e, già allora, potente nel suo settore, di immischiarsi in politica? Poteva benissimo starsene in disparte, tutt’al più entrare in parlamento come senatore o deputato - come la FIAT -, e da li gestire i suoi affari in totale anonimato e comunque senza esporsi.
Certo, doveva affrontare il problema delle indagini che lo stavano investendo; ma anche in questo caso sarebbe stato più opportuno intervenire indirettamente senza esporsi in prima persona lasciando ad altri il compito di dimostrare la sua presunta innocenza.

Inoltre, se i suoi interessi fossero stati unicamente economici, avrebbe agito alla maniera dei grandi magnati che gestiscono il potere nell’ombra.

Invece cosi non è stato. A un certo punto della sua vita, probabilmente forte dei risultati ottenuti in campo aziendale, decide di entrare in politica. L’unica giustificazione possibile è la "sua volontà di potenza"; volontà tipica di menti incapaci di rapportarsi con il mondo che li circonda.

Da qui il suo agire in modo sconclusionato e inadeguato a risolvere i problemi di cui si fa carico. Ciò che conta per lui è "APPARIRE", solo cosi a la certezza di essere conosciuto/riconosciuto come "capo"; certezza che lo spinge ad individuare, in chi non lo condivide, il NEMICO da ABBATTERE e non la controparte con cui dialogare per costruire una linea politica condivisa.

Le sue BATTUTE o BARZELLETTE non sono altro che provocazioni per creare la reazione verbale "violenta" dei NEMICI, solo cosi può giustificare il suo NON FARE, cioè quel fare solo in conformità ai suoi interessi - a dimostrazione di ciò è tutto quel can can sulla sua vita privata che a portato la cosiddetta "libera stampa" a inveire contro di lui e che lui, a mio avviso, molte intelligentemente, a manovrato in modo da apparire alla maggioranza degli italiani come una sorta di MARTIRE del male.

Le BATTUTE o BARZELLETTE - che di per sé hanno comunque un duplice significato: se da una parte fungono da provocazioni, dall’altra servono a dire cose che, qualora venissero disattese, gli servirebbero da giustificazione tipo: ve l’avevo detto io - sono forme verbali da non sottovalutare perché esprimono comunque concetti che possono essere pericolosi se attuati.

Inoltre, deviano l’attenzione della gente dalla reale portata delle leggi in discussione, o già approvate, che servono per rafforzare sia il suo potere personale sia un partito, che secondo le sue previsioni, dovrebbe costituire l’ossatura dello stato liberista da lui previsto.

Se per liberismo intendiamo una società asservita alle esigenze di mercato, cioè tutto ruota intorno ad interessi economici, si riesce meglio a comprendere la natura dei cambiamenti voluti dall’attuale maggioranza; uno stato cosi non può accettare nessuna ingerenza, nelle decisioni da prendere, da parte di nessuno - sia esso individuo, associazione o federazione rappresentante interessi sia generali sia particolari - e visto che attualmente in Italia è tuttora in essere la Costituzione che garantisce in modo inequivocabile i diritti fondamentali, l’unica strada da percorrere per la realizzazione del suo disegno è quella della "VIA SOFT ALLA DITTATURA" attuando lo snaturamento della costituzione attraverso comportamenti che impediscono il normale svolgimento delle funzioni del parlamento con continue richieste del voto di fiducia, con la scusa di accelerare i tempi, ma che serve a nascondere divergenze interne alla stessa maggioranza su proposte di legge non condivise, ma che crea, nella popolazione, la percezione di un governo funzionante e, conseguentemente, vede l’opposizione come un impedimento al normale svolgimento delle sue funzioni.

Ma il mezzo più efficace scelto per attuare la "VIA" è, senza dubbio, il controllo mediatico delle coscienze.

Descrive cosi Giuseppe D’Avanzo su la repubblica il meccanismo alla base della manipolazione mediatica delle coscienze: ogni settimana, il capo del governo si autocompiace per l’evento incredibile, prodigioso che ha realizzato. Ma è autentico "il miracolo di efficienza"? Se si stila una classifica dei tempi di assegnazione di "moduli abitativi provvisori" si scopre che a San Giuliano di Puglia, i primi 30 moduli furono consegnati a 82 giorni dal sisma, in Umbria a 98 giorni, finanche in Irpinia (dove ci furono 3000 morti e 300 mila sfollati) in 105 giorni mentre in Abruzzo i primi moduli sono stati attribuiti a Onna dopo 116 giorni. Non basta dunque il racconto di un fatto in sé per comprenderlo. Il fatto in sé diventa trasparente soltanto se si rendono accessibili e trasparenti i nessi, le relazioni, i conflitti che vi sono contenuti. Privato della sua trama, delle sue relazioni con il passato e con il futuro, il fatto deteriora a immagine, a spettacolo e dunque è vero perché il fatto è lì sotto i nostri occhi; al contempo, è falso perché è stato manipolato, ma in realtà è finto perché l’immaginazione vi gioca un ruolo essenziale e parlare di "miracolo" - non c’è dubbio - aiuta la fantasia.



Privare la notizia dei riferimenti storici equivale anche a cancellare la memoria.

Controllo delle coscienze implica necessariamente un controllo dei mezzi. E’ in questa fase che incomincia a concretizzarsi il fine; attraverso di essi si riesce a creare un consenso intorno agli obiettivi presunti (non reali) ed è attraverso tale consenso che si può fare riforme necessarie a modificare la costituzione eliminando tutto ciò che è d’impaccio alla creazione dello stato liberista. 

Quindi, controllo del parlamento e dei cittadini, questi i due mezzi sicuramente efficaci per raggiungere lo scopo. Mezzi che non comportano necessariamente l’uso della violenza fisica ma che creano, all’interno della popolazione, frange che, non condividendo il fine, cercheranno di creare i presupposti, attraverso la controinformazione, per modificare l’assetto politico/sociale raggiunto. A questo punto, lo stato, sentirà la necessità di contrastare con ogni mezzo il pericolo e si innescherà l’uso della violenza fisica

La conseguenza di ciò sarà una repressione che non si limiterà ai soli dissidenti, ma si rivolgerà contro chiunque che, esprimendo le proprie idee, non si troverà sulla sessa linea dello stato. Dato che, prima o poi, ogni dittatore dovrà fare i conti con la realtà - una realtà che si esprimerà attraverso la necessità dei cittadini di riappropriarsi dei propri diritti - , questo tentativo di instaurare una dittatura senza violenza, basata esclusivamente sul controllo delle coscienze, è destinato a crollare e dovrà mostrare il suo vero volto.

Ma è proprio necessario tutto ciò?


Partendo dal presupposto che in uno stato di diritto tutti hanno la possibilità di esprimersi e agire per il proprio interesse, che necessità c’è di innescare un processo che porterà ad una contrapposizione delle parti e alla violenza?

La risposta non può che essere "VOLONTA DI POTENZA".


Da wikipedia : La volontà di potenza è la volontà che vuole sé stessa, ovvero la volontà come perpetua trascendenza e rinnovamento dei propri valori. La volontà di potenza non si afferma dunque come desiderio concreto di uno o più oggetti specifici, ma come il meccanismo del desiderio nel suo stesso funzionamento incessante: esso vuole, continuamente, senza sosta, il suo stesso accrescimento, ovvero è pulsione infinita di rinnovamento. È evidente in tal senso il nesso profondo che lega il tema della volontà di potenza con quello del superuomo e dell’eterno ritorno : è caratteristico del superuomo, infatti, poter assumere su di sé con leggerezza tutto il peso di questa volontà creatrice, accettando e affermando nel contempo l’inesorabile ripetizione dell’attimo creativo, che soggiace alla teoria dell’eterno ritorno.

Commenti all'articolo

  • Di LIBERALVOX (---.---.---.111) 8 ottobre 2009 14:19

    A nostro avviso chi realmente esce sconfitto dalla sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, non è tanto Silvio Berlusconi - le cui vicende “giudiziarie, manageriali, etiche e politiche” sono arcinote - quanto lo “Stuolo” di avvocati, giuristi, consulenti, esperti e portaborse vari, di cui il Premier incautamente continua a circondarsi e che - per la seconda volta consecutiva, dopo il flop del Lodo Schifani - non è stato in grado di mettere mano a tutto il pandemonio che si è scatenato contro Silvio Berlusconi da vent’anni a questa parte con la dovuta competenza! Incapacità o disegno politico?

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