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Bella: il trip su Craxi è sotto gli occhi di tutti

Emilia paranoica. 

Un trip. Con evidente spolvero del lessema anglofono appena acquisito – così pare -, Pierluigi Bersani fa bella mostra, numerose volte, della parola trip. Domande: perché? A che scopo utilizzare a sproposito l’anglismo? E perché mai adoperarlo con finalità diverse dal significato d’origine? Perché reiterare, fare refrain con tanta pochezza terminologica? Agli svisamenti convulsi e compulsivi, caotici, del segretario democratico, stiamo diventando purtroppo avvezzi. Le braccia per la pancia, il nonno che si ripete in testa il nuovo per non dimenticarlo: “chiamalo cordless chiamalo cordless chiamalo cordless“. Peggio, a ciò che i nostri gentlemen dal colletto intonso stanno perpretrando nei confronti della lingua italiana. Svuotandola, come la carta costituente e con la televisone, di senso. Aspettiamo: non che la tv sia il fiore del male. Ma poco ci manca.

Elettori e spettatori. 
Ma non lo provate il senso del ribrezzo a vedersi spiattellare locuzioni del tipo “è sotto gli occhi di tutti“? Da qualsiasi parte? Ma gli occhi di chi? Degli spettatori, si presume. E va bene il cittadino-consumatore! Ma, ci si spieghi: sarebbero censiti da sondaggi inattendibili e bislacchi, contati attraverso meter a frotte di centinaia a regione fino a poche migliaia di unità, che acconsentono alla registrazione del proprio “zapping” al fine di fotografare l’andamento auditel dei programmi. Gli occhi di chi? Quelli degli elettori? Ben poca cosa farsi allo sguardo dell’ultima consultazione elettorale. Gli occhi cambiano, le prospettive e le idee. Confusi.

Un dialetto con esercito. 
Confusi sì: cosa dire del climbing linguistico dei nostri amati compatrioti del partito-amore, che a voler riabilitare in silenzio il Sai Baba del berlusonismo, a dieci anni della morte, s’affaticano a rigirare la frittata? Si prenda il Cicchitto-anti-Craxi, il Feltri-pro-Di Pietro, i nani e ballerine tornati sotto tendone. Il Minzolini riabilitatore (e il suo utilizzo di vulnus), che usurpa lo “statista” che al De Mauro e al Tesauro non denunciano esempi, in casa nostra. Un tripNapolitano condanna la violenza giudiziaria che s’accanì contro l’animale già ferito, riconosciutosi reo. Diventa inutile parlare, quando il codice è indecifrabile, lontano. Così in Gran Bretagna e Francia sorgono ministeri tesi alla creazione di spirito e sentire nazionale, alla salvaguardia della buona lingua. In Italia i media riportano il fatto e traducono sciorinando alla buona: i nostri giovani hanno sostituito il “ciao” con “bella”. Da chiedersi “chi e dove?”. Nei serial di Mtv, quelli del preserale. Quelli sì. E in alcuni gruppi sociali, settari e impermiabili come fosse classe politica.

I luv u, antiretorica.
Quella, per intenderci, che risorge dalla retorica da prima repubblica e all’anti-retorica è approdata oggi. L’anti-retorica di Belpietro e Feltri, il politicamente scorretto per il politicamente scorretto, il bamba fine a se stesso. Io sono contro l’antiretorica, o meglio, la retorica dell’antiretorica (immaginatevi Castelli che dice, alla lumbard, “La Giente, La Giente La Giente”. Pruriti?). Anche l’intontimento politico e logico del giornalismo da rimorchio hanno dato man forte all’imbarbarimento sociale, politico, linguistico. I giornali giocavano a etichette di buon senso, il dadaismo della cattiveria e vuotezza lessicale avanzava. E adesso ci troviamo a rimpiangere le pause e le similitudini di un latitante, frutto di una società correa e padre di un immaginario al collasso. Non fateci morire in trip-Polito, please.
U‘

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