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Ballando ad occhi chiusi, tango in una giornata qualunque

Ad occhi chiusi si calpesta con violenza, non ne vogliamo proprio sapere di quelle danze macabre che avvengono giornalmente nel mondo sul corpo delle donne, bottino perpetuo di chiese e poteri, di riti tribali e metropolitani: abbiamo bisogno di scosse, quelle vere, come solo la guerra produce?
 
"Chi ci bombarda adesso? Gli Alleati!" E’ la battuta memorabile di un tangoda non perdere, quello di Kusturica, messo in musica da Goran Bregovic. Mi imbatto così in una danza, il tango, ballato in due e smisuratamente collettivo, un video documentario che si manifesta come terapia per combattere la crisi, danzando: "Se la ricchezza nasce dalla contaminazione, il tango è uno dei tesori più preziosi dell’umanità in quanto nato da culture diverse. Come massima espressione d’arte popolare, pensiamo che il tango debba essere raccontato dalla voce dei diretti protagonisti che vivono questo ballo come componente essenziale della propria vita".

Pone un tema a noi penso ben noto, che rispolvero: l‘industria televisiva impone che un documentario sia venduto prima ancora dell’inizio della sua realizzazione ad un canale televisivo in grado di coprire le spese di produzione. Questo comporta che vengano prodotti solo progetti ritenuti commercializzabili, ma per quei film che non rientrano nelle logiche di mercato? “Ad occhi chiusi” farà cadere molti luoghi comuni che circondano la cultura del tango, in primis che non appartiene solo alla cultura argentina, e ci farà conoscere un linguaggio che ci conduce ai nostri bisogni primari. E’ un documentario che ci mostra una terapia contro le solitudini dell’era moderna e mostra cosa spinge tutto il mondo (dall’Europa al Giappone) a combattere la crisi a passi di tango.

E così vado ad approfondire che il tango è una forma d’arte che comprende musica e danza nata a Buenos Aires (Argentina) e Montevideo (Uruguay) intorno alla seconda metà dell’800. Il tango utilizza per le sue esecuzioni uno strumento, forse inventato o forse popolarizzato dal musicista tedesco Heinrich Band, il bandoneon, una sorta di fisarmonica di legno con dei fori la cui apertura o chiusura con i polpastrelli produce le note, e che ha la caratteristica di cambiare la nota a seconda se il mantice viene compresso o invece dilatato. Pur essendo una musica molto sincopata, non utilizza strumenti a percussione ed anche gli altri strumenti utilizzati vengono suonati in modo del tutto particolare per dare forti accenti di battuta e segnature ritmiche. La sua struttura armonica, però, è tipicamente italiana. In principio il tango si affermò come musica popolare nel rapido e tumultuoso sviluppo di Buenos Aires, che in breve passò da 210.000 a 1.200.000 abitanti. I grandi autori di tango (Le Pera, Contursi, Discépolo, Solanas, Troilo, Esposito, Gardel, Filiberto, Razzano, Cobiàn, Cadicamo ed altri) ne fecero una musica nazionale. E sia libertà con la musica di Astor Piazzola, Libertango!

Diventa un tango underground sulle note e le immagini di Goran Bregovic, “nato a Sarajevo da padre croato (e membro dell’Armata Popolare Jugoslava) e madre serba. Dopo il divorzio dei genitori, visse assieme alla madre nella zona a predominanza musulmana di Sarajevo, entrando in questo modo a contatto con tutte e tre le culture e nazionalità che formavano, e formano, la Bosnia-Erzegovina. Iniziò a studiare il violino presso una scuola musicale della sua città, ma ne fu in seguito espulso per mancanza di talento. La madre di Bregovic decise allora di regalare al figlio una chitarra. In seguito, Bregovic stava per essere iscritto alla scuola delle belle arti di Sarajevo, ma rinunciò a causa dell’opposizione dello zio, che considerava la scuola “piena di omosessuali”. Si iscrisse così ad un istituto tecnico e come compensazione la madre gli permise di tenere i capelli lunghi. In questo periodo si unì alla band scolastica Izohipse, nella quale suonava il basso. Dopo poco tempo venne tuttavia cacciato anche da questa scuola, a causa del suo cattivo comportamento (sembra che avesse causato un incidente con una Mercedes di proprietà dell’istituto). Si iscrisse così ad un liceo cittadino, entrando a far parte come bassista del gruppo Beštije. Raggiunta l’età di sedici anni, la madre gli permise di andare al mare da solo, dove si mantenne suonando musica folk in un bar di Konjic, ma lavorando anche nell’edilizia e come distributore di quotidiani.

Leggo che ieri, giornata dedicata contro la violenza internazionale sulle donne, è stato presentato a Roma "La Proxima Estaccion" di P. Solanas e il libro "Beun Vivir" di G. De Manzo, il primo cineasta e intellettuale argentino e il secondo portavoce dell’Associazione A Sud Casa Editrice Ediesse, nel cinema Piccolo Apollo a via Conte Verde, 51. Non ci sono stata, non potevo essere a molti appuntamenti, ma desideravo segnalarne ancora alcuni: "Vogliamo anche le rose e…" ad Aosta, a Roma, Bologna, Milano, Catani. "Noi non siamo complici", iniziative di donne contro i Cie. Ai giovani, sotto i 30, suggerisco “Il privilegio di esistere”: il Gruppo 50 Macerata indice la prima edizione del concorso nazionale di scrittura “Il privilegio di esistere“ nell’intento di diffondere i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, consapevole dell’importanza della scrittura e della fotografia come mezzi di trasmissione di valori quali il rispetto e la tolleranza tra gli esseri umani.

Ho citato non a caso "La próxima estación" che è l’ultimo documentario di Fernando Solanas e riguarda la storia delle ferrovie in Argentina. All’inizio degli anni ‘90, le imprese di Stato vengono privatizzate assieme ad altri importanti settori economici con la promessa di modernizzare i servizi di base, tra cui quello ferroviario. In realtà, i treni interurbani vennero soppressi, causando l’isolamento di migliaia di persone e la migrazione di un milione di persone verso la capitale. “I treni sono stati privatizzati perché causavano delle perdite. Ma i servizi pubblici servono a fare guadagni o a servire la comunità? Oggi le ferrovie costano 3 milioni al giorno e funzionano solo per il 20% rispetto al passato” racconta Solanas in questo documentario, non solo facendo riferimento a dati socio-economici, ma ripercorrendo storie, idee e proposte degli uomini che hanno dato vista a questo sistema ferroviario nazionale. Solanas si mostra fiducioso verso il futuro, molte volte prendendo come spunto le parole dei lavoratori. La ricostruzione delle ferrovie verso un sistema di gestione che includa anche i passeggeri e i lavoratori è secondo il regista sia un’urgenza economica che una battaglia culturale.

Mi è sembrato urgente raccontare ciò che sta a cuore, non solo a me, mettendo fuori, la vita di chi viaggia, di chi lotta di fronte alla privatizazzione di elementi primari come l’acqua e la libera circolazione di corpi e menti, da vedere ed agire ad occhi aperti, chiudendo gli occhi danzando, come in “Amor y Celos” dal film “The Tango Lesson“ danzato da Pablo Veron e Sally Potter, come avviene in una comune balera, in una stanza, all’aperto, gioendo della vita e ricordando sempre chi ce la vuole togliere, negandola. La storia la facciamo noi, e spero che Dio la rispetti.

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