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“Art. 50. - Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione od indennità”

 “Art. 50. - Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione od indennità”. Calma. Tranquilli. Risedetevi sulla seggiola. Questo è un articolo che non leggerete mai più. Già, perché in realtà è esistito. Ed era la base fondamentale dei criteri di onestà e pubblico servizio ai cittadini Italiani che un tempo chi era chiamato a rivestire questi ruoli.
 
Essere Senatore o Deputato era un “onore”, da qui la parola “onorevole”. Nulla a che vedere col potere quindi. Né con introiti economici da capogiro. Ma dove troviamo questo articolo che oggi appare bizzarro, impossibile, fantasioso persino? All’interno dello “Statuto fondamentale della Monarchia di Savoia, conosciuto anche come “Statuto Albertino” proclamato il 4 Marzo 1848 da Carlo Alberto di Savoia Carignano.
 
All’interno del documento, si trovano in effetti le stesse basi fondamentali della nostra Costituzione, che infatti da esso fu ispirata. Subì alcune modifiche il 17 Marzo 1862 con la fondazione del Regno d’Italia e tale rimase fino al 1946.
 
Successivamente, fu ulteriormente modificato con alcuni decreti legislativi fino all’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana (1 Gennaio 1948) divenendo documento costituzionale transitorio.
 
In pratica, lo “Statuto Albertino” si può ritenere antesignano della nostra Costituzione. Erano i tempi in cui parole come “onore” “affidabilità” “onestà” avevano un loro valore ed erano viste come condizioni fondamentali almeno per ciò che riguardava l’aspetto puramente pubblico di alcune persone nei confronti del bene Comune e della stessa Comunità.
 
Non che all’epoca non esistesse l’intrallazzo, lo scandalo, il maggior arricchimento. Ma almeno, per ciò che riguardava l’aspetto di servizio dato alla cittadinanza, si considerava tendenzialmente migliore un comportamento che esulava addirittura dall’ottenere compensi.
 
Senatori e Deputati quindi, prestavano la loro opera gratuitamente, seppur regolamentati da normative che in alcuni casi, allora come oggi, disciplinavano nel bene e nel male il loro operato.
 
Cosa è accaduto quindi da allora, per far sì che oggi coloro che ancora dovrebbero essere chiamati ad operare al servizio dei cittadini, altro non fanno in effetti se non – in maniera del tutto spregiudicata – ottenere il massimo sia economicamente sia per ciò che riguarda una serie illimitata di agevolazioni personali rispetto alla media nazionale?
 
Si iniziò all’incirca nella metà degli anni ’50 ad introdurre una sorta di piccolo rimborso spese per le cariche politiche in questione. All’epoca, nessuno ebbe nulla da eccepire. Peraltro l’Italia, fresca di una guerra mondiale che l’aveva profondamente ferita e lasciata in uno stato di povertà quasi assoluto, rilasciava l’impronta delle carenze a tutto tondo, falcidiando – chiaramente – anche coloro che operavano nel settore politico.
 
Ai tempi, la povertà investiva ancora tutto e tutti. E non furono pochi i personaggi politici che per anni tirarono avanti con lo stesso abito magari girato e rigirato come si usava all’epoca per consentirsi un po’ di dignità almeno nel vestire.
 
Poi ci fu il boom economico. L’accesso al credito. L’indebitamento sviluppato a tappeto alla cittadinanza, con la chimera di poter – finalmente – accedere ad un po’ di “ricchezza” attraverso l’acquisto di beni accessori fino lì mai nemmeno immaginati. Si sviluppò anche l’Economia basata sul nulla. Pezzi di carta – le cambiali – “garantivano” sul proprio onore la volontà di assolvere ad un debito contratto. “Pagherò” infatti c’era scritto. Una promessa da mantenere.
 
Pian piano si perse il controllo di ciò che fosse il denaro come bene materiale e la possibilità a trecentosessanta gradi di accedere al grande consumismo in una epoca appunto, troppo a ridosso con lo spettro della fame, della morte e della disperazione.
 
Il mondo politico intanto, scopriva anch’esso un gioco fino ad allora nemmeno sospettabile. Si commisero i primi atti di speculazione che nulla avevano a che fare con il sevizio alla cittadinanza. Si creò commistione fra Politica e mondo Economico. Si pregiudicò la riuscita di una onorevole strategia per amministrare bene il Paese. Si iniziò ad impastare le mani in affari pubblici che in realtà servivano solo a spremere denaro pubblico nelle tasche degli operatori politici.
 
Una grande abbuffata. Che rese all’improvviso una immagine completamente diversa di ciò che si ricordava essere l’Onorevole di un epoca che appariva già lontana.
 
Quel po’ di ricchezza fittizia delle nuove famiglie italiane post guerra mondiale, confuse animi, criteri, capacità di discernimento. Convinse che tutto era possibile a tutti, mentre l’Italia – piuttosto che essere governata dalla Politica – diveniva orfana della stessa, che divenne man mano auto-referenziale, ricca per sé stessa, potente, intoccabile. Deroga di una buffa condizione di Democrazia, parola che perdeva la stessa reale accezione ad ogni nuovo passo di un gigante potente e ricco, mal disposto al bene di tutti ma molto al bene di pochi.
 
Ecco che si iniziò inconsapevolmente a perdere di vista quali fossero in realtà i motivi per cui il Popolo chiamava alcuni ad esercitare quel servizio – un tempo “onorevole” – dedicato al bene dei cittadini, vera ed una fonte e motivazione dello stato in essere del Potere nazionale stesso.
 
La Massa commise l’errore di lasciarsi andare ad un periodo di nuova civiltà del benessere, perdendo così di vista gli accadimenti abnormi che già ruotavano intorno a quei pochi ben ancorati ad un potere già intriso di strategie, speculazioni, godimento di diritti esasperati e forte volontà di conservare i privilegi acquisiti prima di ogni cosa.
 
Eccoci quindi alla perdita della missione reale che la politica un tempo ha avuto. Al ribaltamento totale della condizione umana esasperata dal potere sempre più assoluto e commisto al potere economico, che tutto spazza e spiazza e rende così lontani dal poter minimamente contare su una reale volontà di far beneficiare il Paese piuttosto che le tasche di quegli “Onorevoli” signori che oggi siedono beffardi sulle loro poltrone.
 
A volte un po’ di ripasso della Storia, non può che rendere oltre che maggiormente edotti, anche inclini ad una maggiore riflessione, che ci si augura non rimanga tale, ma spunto per ritrovare la capacità di interloquire da cittadini attivi e non passivi di uno scenario ormai così perverso da non poter realisticamente essere accettato sopra ogni cosa.
 

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli.leonardo.it (---.---.---.30) 15 ottobre 2009 20:25

    Dove c’è senso del dovere, dove alberga la voglia di fare, per il bene comune, non esiste compenso per le proprie "volontarie" prestazioni. Come in alcune associazioni chi è cassiere, segretario,non percepisce un centesimo. Ciò non toglie che si dia egualmente il massimo anche in assenza di denaro ricevuto.

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