Interventi di questo tipo mi sanno sempre di
antiamericanismo pregiudiziale. Insomma, quando Putin decide di ammassare
truppe ai confini ucraini e dice che si tratta di mere esercitazioni, noi ci
crediamo o, meglio, facciamo finta di crederci. Se poi, a fronte di un esponenziale
aumento di forze armate russe, l’occidente comincia a coltivare qualche
preoccupazione e, tramite gli USA e la Nato, lancia qualche avvertimento alla
Russia, allora le anime belle cominciano a stracciarsi le vesti, a fare appelli
alla pace e a lanciare accuse agli USA.
Insomma, finché l’Ucraina fa la guerra coi ribelli russi del Donbass e
se la Russia si accaparra territori, inglobando intere nazioni secondo la più
classica delle logiche staliniste, va tutto bene. Se invece l’occidente avverte
l’URSS, oups, lapsus freudiano, la Russia che non può pretendere, sotto la
minaccia delle armi, di imporre la sovranità limitata a paesi suoi confinanti,
allora ci si preoccupa della pace minacciata. E’ un ragionamento
unilateralmente ipocrita. Richiamarsi,
poi, all’epoca Gorbaciov è un esercizio del tutto inutile e questo perché la
storia, ahinoi, è andata in senso contrario rispetto alla glasnost ed alla
perestroika di quel tempo. Non per niente Putin è soprannominato lo zar.