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L’università italiana tra anomalie e disinformazione

Di Federico Pignalberi (---.---.---.167) 17 agosto 2009 13:06

Che la <<letteratura scandalistica e aneddotica che si è limitata a registrare singoli seppur frequenti episodi di malcostume>> sia sintomo di qualunquismo è evidentemente un controsenso. 

Raccontare i singoli casi, facendo i nomi dei protagonisti, senza generalizzare il comportamento immorale (e, talvolta, criminale) di alcuni singoli attribuendo all’intera categoria il bollino di “casta” è indice di un giornalismo responsabile e scrupoloso. Esistono professori universitari onesti e capaci, così come esistono politici, magistrati e giornalisti onesti. Appare qualunquistico, invece, sostenere che <<la galassia dei mass media si è accontentata di compiacere e vellicare gli istinti più bassi del lettore, quasi invitandolo ad una sorta di jacquerie contro la fortezza dell’accademia>> degradando i professori universitari al rango di casta. Tutti i mass media? Quali giornalisti? Dove? Quando? Con quali parole?

Nella sua università, ad esempio, lavorano - uno come ricercatore, l’altro come professore - due figli di Giovanni Dolci, ordinario di Clinica odontostomatologica alla Sapienza, Preside del Corso di Laurea Specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentaria. È stato condannato in primo grado (con rito abbreviato) a dieci mesi per falso ideologico in seguito ad un’indagine su concorsi in cui il vincitore veniva <<stabilito prima delle prove a prescindere dal merito dei candidati>>. Ritenuto <<l’istigatore dei comportamenti della commissione giudicatrice>>, continua ad insegnare alla Sapienza con nuora e genero al seguito. I suoi legali hanno annunciato ricorso. Per quale motivo non si dovrebbe raccontare?

Eppure è stato un professore a dare il via alle indagini. Ribellandosi coraggiosamente al <<sistema di pressioni>>, si è armato di avvocato e registratore, ha registrato le conversazioni dei membri della commissione mentre si accordavano su come privilegiare un candidato e ha denunciato tutto alla magistratura. L’onestà di una persona non si misura dalla sua professione. Il marcio, ovunque risieda, va sempre denunciato.


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