Caro Damiano,
lei è liberissimo di non rispettare il Capo dello Stato, il Parlamento, il CSM, la Corte Costituzionale, l’ONU, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la NASA, ecc... questo non è affar mio.
È affar mio che lei rispetti la mia persona.
Questo implica astenersi dal dare lezioni su come essere “un vero cittadino”.
Questo implica anche tenere a freno la propria fantasia ed evitare di lanciarsi in ipotesi tipo
“è anche uno dei tanti burocrati con zero fantasia e zero coraggio che ha messo nei casini l’Italia”.
Le assicuro che non sono un burocrate. Sono un ragazzo di 22 anni e non ho ancora avuto modo di mettere nei casini l’Italia. Non so se sono coraggioso o meno, ma dubito che lei abbia più informazioni di me per poter giudicare. Non so neanche se mi manca la fantasia, ma di sicuro ne ho meno di lei. Su questo siamo d’accordo.
La invito, quindi, serenamente, a confrontarsi sulle idee. Non su altro.
Quanto all’articolo 28, questo non è applicabile in questa materia. I parlamentari e le alte cariche dello Stato non sono giuridicamente dei funzionari o dipendenti pubblici. E l’articolo non si può applicarlo anche a loro semplicemente perché
“come in ogni sistema gerarchico, le responsabilità aumentano all’aumentare del loro potere politico”.
Tralasciando il fatto che non c’è gerarchia tra il Presidente della Camera, ad esempio, e un impiegato delle poste, il suo è un ragionamento personale che non ha riscontri giuridici. L’art. 28 non è stato mai applicato ai parlamentari e alle alte cariche dello Stato, per i quali esistono altri articoli della Costituzione.
La stessa sentenza sulla legge Schifani, di cui riporto il link nel mio articolo, non parla minimamente dell’art. 28.
Probabilmente questa legge sarà definita incostituzionale per altri motivi, e me lo auguro. Ma non sul fondamento dell’art. 28.