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Quando i clandestini eravamo noi

Di (---.---.---.138) 10 gennaio 2010 00:58

EMIGRAZIONE LUCCHESE NEL MONDO DI IERI ED IMMIGRAZIONE EXRACOMUNITARIA A LUCCA DI OGGI NON SONO LA STESSA COSA: LO DICE UN ANZIANO EMIGRATO LUCCHESE CHE VUOLE APRIRE UN DIBATTITO SUL TEMA.

 

MASSIMO RAFFANTI

 

Vuole fare conoscere il suo pensiero a tutti e sarebbe disposto a recarsi al più presto alla trasmissione televisiva del “Costanzo Show” per dire la sua sull’ attuale immigrazione extracomunitaria in Italia; da emigrato lucchese, diventa quasi furente, se qualcuno osa paragonargli il fenomeno, all’emigrazione di tanti suoi concittadini all’estero.

Giovanni Lombardi, ottuagenario emigrato nel 1947 in Argentina e Sudafrica, rientrato a Lucca nel 1989, dopo una vita di sacrifici all’estero, va giù duro in proposito:

“Affermare l’uguaglianza di queste due situazioni sociali è vergognoso; fino al mio rientro in Italia, sono stato socio della sezione sudafricana dei Lucchesi nel Mondo ed, essendo stato premiato nel 1988 dalla Camera di Commercio di Lucca, quale emigrante che ha onorato la sua città nel mondo, vorrei aprire un dibattito pubblico sul tema dell’immigrazione extracomunitaria odierna in Italia.

 Gli emigranti lucchesi hanno portato ovunque sudore, onestà e dignità e mai è accaduto che sia stata esportata così tanta criminalità quale quella extracomunitaria oggi in Italia: basta leggere le statistiche della popolazione carceraria.

Impronte digitali? Ma certo-dice Lombardi-mentre esibisce il voluminoso carteggio necessario al suo espatrio; ricordo che già nel 1947, le autorità estere, mi richiesero foto ed impronte digitali sulla “Cedula di Identitad argentina” o sul “Registra-siesertifikaat” sudafricano.

Ogni italiano, per emigrare, necessitava quindi di un atto di chiamata lavorativa, ecco qui, legge: permesso di sbarco in Argentina n° 46235 del 15 ottobre 1947.

A quali immigrati extracomunitari si richiede oggi ciò che è stato chiesto a noi, che pure avevamo fame? Ecco qui un certificato di “Buona Condotta” che semestralmente dovevo esibire nel paese ospitante, rispettando usi molto diversi dai nostri e rigando dritto per non pagare col carcere duro o l’espulsione.

Questi documenti, datati 22 novembre 1947, dicono invece che “non sono persona dedita all’accattonaggio”, che ho il casellario penale pulito, che sono esente da qualsiasi malattia contagiosa e che ho una regolare posizione fiscale: adesso io chiedo: agli immigrati extracomunitari viene richiesto altrettanto nell’interesse della nostra Nazione? Ecco poi i certificati di vaccinazione che ho dovuto esibire all’estero: sa allora non avevamo certo i pranzi della Caritas, i contributi, i centri di accoglienza, le associazioni atte a ricercarci casa e lavoro per noi emigrati o gratuiti corsi di lingua. Capisce perché mi arrabbio?”

 


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