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Annientamento del Tibet: e se succedesse a noi?

Di (---.---.---.116) 17 novembre 2014 22:27
Questo articolo, oltre ad essere fazioso, è pieno di falsità. Non è vero che in Tibet si corre il rischio di essere arrestati se si parla il tibetano. Il Governo Cinese al contrario ha varato diverse leggi per proteggere la lingua tibetana, che viene obbligatoriamente insegnata nelle scuole (insieme al cinese), oltre che ovviamente nei corsi di tibetologia.
L’insegnamento del cinese, affiancato a quello del tibetano, permette agli alunni di inserirsi in maniera proficua nel mondo del lavoro. Gli appartenenti alle minoranze etniche poi hanno l’accesso alle scuole completamente gratuito, essendo i loro studi finanziati da Pechino. A questo si aggiungono tutta una serie di benefici che la Cina ha portato alla regione tibetana, benefici praticamente a senso unico essendo il Tibet una regione altamente improduttiva che può andare avanti, nel mondo moderno, solo grazie ai soldi del Governo Centrale. Senza la Cina in Tibet ora come ora non ci sarebbero istruzione, scuole, strade e ospedali. Chiamare "invasione" la liberazione pacifica del Tibet è poi davvero discutibile, essendo il Tibet un protettorato cinese da secoli. Ciò che è stato scritto in questo articolo in merito alla distruzione di nuovi monumenti religiosi e all’espulsione dai monasteri dei monaci inferiori ai 12 anni (che comunque sarebbe un bene che restassero assieme ai propri genitori a prescindere, da un punto di vista pedagogico), avete omesso di scrivere che è accaduto esclusivamente in una provincia molto ristretta del Tibet, come reazione ad alcuni gruppi separatisti che usavano i monasteri di questa regione come roccaforti della propria battaglia politica. Si è trattato di un fenomeno estremamente limitato e marginale, prontamente strumentalizzato dalla stampa occidentale e dal governo tibetano in esilio. In realtà la religione tibetana, quando non nasconde insidie politiche, non viene affatto perseguitata. Al contrario, molti monasteri sono stati ricostruiti, anch’essi, proprio grazie ai soldi dei cinesi.

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