Però il buon Dante ha scritto, proprio nella Divina Commedia, anche altro.
Ma fermiamoci a Dante, il “sommo”, il poeta per eccellenza che si studia nelle scuole. Prendiamo la sua Divina commedia. Il canto XVII dell’Inferno,
dove di parla della «sozza e scapigliata» Taide, «puttana… che là si
graffia con le unghie merdose», e del suo vicino Alessio Inteminei: «E
mentre ch’io là giù con l’occhio cerco, vidi un col capo sì di merda
lordo, che non parëa s’era laico o cherco». Sempre nell’Inferno, il
famoso verso: «Per l’argine sinistro volta dienno; ma prima avea
ciascun la lingua stretta coi denti, verso lor duca, per cenno; ed elli avea del cul fatto trombetta».
Qualche libro dopo: «Già veggia, per mezzul perdere o lulla, com’ io
vidi un, così non si pertugia, rotto dal mento infin dove si trulla. Tra
le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e ’l tristo sacco che
merda fa di quel che si trangugia».
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Dove puoi trovare anche altro e sempre sull’uso delle parolacce nei secoli. Non sono un fautore del turpiloquio, anche se riconosco che quando ci vuole ci vuole: ma anche per il nostro comico e politico Grillo, lo preferisco quando lui va al sodo e parla dei problemi e di come si possono risolvere. Sono d’accordo con Putin quando vuole difendere la cultura e le tradizioni della propria nazione, cosa che noi abbiamo da tempo dimenticato.