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L’Euro nella guerra tra le valute

Di Persio Flacco (---.---.---.122) 2 marzo 2014 02:30

La riduzione del progetto di Unione Europea alla sola dimensione economica, anzi: monetaria, è la premessa indispensabile di tutti i discorsi contro l’Euro.

Naturalmente si tratta di una premessa falsa: l’Unione Europea è innanzi tutto una scommessa per la pace e contro la guerra. Si dimentica troppo facilmente che l’Europa è stata distrutta da due guerre mondiali consecutive nel giro di soli 20 anni; che non si ricorda un periodo così lungo di assenza di guerre nel vecchio continente come quello degli ultimi decenni.

Questo per ricordare a coloro che si esercitano nel mostrare la convenienza di decretare la fine dell’Unione che i loro bilanci risultano positivi solo perché omettono di inserirvi una delle passività più onerose: il ritorno alle rivalità e ai conflitti tra paesi europei.

Ma c’è un’altra omissione nei loro bilanci: meno grave ma anch’essa pesante. Si dimentica di considerare che le asimmetrie tra sistemi economici dell’area euro hanno una base reale che, nel caso dell’Italia, consistono nella presenza di una classe politica clientelare, corrotta, inefficiente; nella convivenza con la criminalità organizzata; nella dissipazione di enormi risorse per incapacità gestionale della cosa pubblica. 

Si dimentica di considerare che è tutto questo a gravare come un macigno sulle potenzialità di sviluppo della sua economia e a far pesare il confronto con paesi meno corrotti e inefficienti della stessa area monetaria.

In queste condizioni proporre come soluzione il ritorno alla mitica svalutazione competitiva equivale a suggerire di spruzzare un po’ di profumo in una casa lercia, o ad indossare una parrucca profumata su una testa piena di pidocchi. Significa lasciare dove sono lo sporco e i parassiti salvando le apparenze. 

Se si facesse finalmente pulizia e si allontanassero i parassiti non ci sarebbe più ragione di mantenere una imposizione fiscale e una burocrazia autoreferenziale che taglia le gambe alle nostre imprese nella competizione con le altre imprese europee. 

Una imposizione fiscale che, al netto delle spese di funzionamento dello Stato, serve a finanziare un sistema di potere che costituisce il vero motivo dello svantaggio competitivo dell’Italia, altro che la moneta unica.

L’Italia nell’euro ci starebbe alla grande. Già oggi, ed è quasi un miracolo, le sue aziende migliori sono tra le più competitive sul piano internazionale. Liberato dal lerciume e dai parassiti questo Paese farebbe mangiare la polvere anche alla Germania.

In sostanza: chi indica il ritorno alla moneta nazionale e il ricorso alla svalutazione competitiva come soluzione ai problemi del Paese di fatto lavora per lasciare sporco e parassiti al loro posto. E questa non è una soluzione: semmai è una resa.


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