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Il flop dei referendum radicali

Di (---.---.---.209) 6 ottobre 2013 13:37
Ma guarda che io fino a prova contraria capisco. Semplicemente la penso in modo diverso da te e di certo non mi permetto di affermare che non ci arrivi tu: come ti esprimi in questo modo tu potrei farlo anche io, ma evito perché non mi interessa litigare ma confrontarci.

Se ci fossero state resistenze a divorzio e aborto, come dici tu, i referendum non sarebbero passati. Molto semplice, perché la politica fatta in parlamento è virtuale, fatta di leader che si esprimono in un modo ed elettori che fanno l’esatto contrario, ancora non è chiaro? In Italia vige il mito dell’uomo forte, del personalismo politico, siamo tutti orfani di Mussolini, ma nella pratica la gente se ne frega di quello che dice il segretario di partito e ipocritamente fa come meglio crede. Altrimenti mi si dovrebbe spiegare perché siamo un paese di corrotti e cattolici, di intolleranti e cattolici, di mafiosi che vanno a sentire la messa e vengono accolti, mentre al divorziato si nega l’ostia.

I referendum non sono strumenti di cui una parte politica può vantare l’esito, perché non vengono votati in parlamento dai propri eletti ma dai cittadini in modo diretto, trasversale, a prescindere dalla rappresentanza parlamentare, che non parla a nome loro, come è giusto che sia: è uno dei pochi casi in cui non vige la democrazia rappresentativa.

Se Pannella avesse fatto passare la legge sul divorzio in parlamento, o avesse vinto le elezioni promettendo una legge sul divorzio attuata in parlamento, avrebbe potuto vantarne il merito.

I referendum sono votati dai cittadini: se il tema interessa si raggiunge il quorum, se non interessa bisogna fare autocritica e smetterla di costruirci su un partito.

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