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Credenti e non credenti: dove porta il dialogo Scalfari-Bergoglio (terza parte)

Di Persio Flacco (---.---.---.38) 26 settembre 2013 19:40

<< Come avrà visto non è una mia affermazione, ma il link rimanda al manuale on line di storia della filosofia dell’Università di Siena.
Affermazioni simili si trovano comunque anche in Vannini. Lo svuotamento dell’anima è inteso come il totale "distacco" da tutto ciò che è egoico, che appartiene all’ego, corporeo o psichico; quindi solo nella "morte dell’anima" si può trovare il puro spirito. Dire che questa è la "genuina essenza del proprio io" e che sia diventare come bambini presuppone che "anima" corrisponda alla "mente riflessiva", ma così non è.>>

La mia osservazione va valutata nel quadro posto dall’ipotesi che esista un "antico confine tra atei e credenti che si sgretola", che mi sembra indichi il senso generale della ricerca che lei ha proposto.

Da ateo non posso accogliere concetti definiti nell’ambito religioso come "anima", "puro spirito", "Dio": per me privi di significato, per cui, volendo esplorare la consistenza dell’ipotesi posta, devo tentare di traslare questi concetti cercando i significati comuni nell’uno e nell’altro ambito.
Altrimenti si dovrebbe rinunciare, perché se due linguaggi sono privi di significati comuni la comunicazione è impossibile.  
Religione e Scienza si fondano su postulati differenti, tuttavia, a mio parere, tali postulati non sono il motivo della incomunicabilità, ad esserlo sono i teoremi sbilenchi che da questi sono stati elaborati nel corso del tempo.
Teoremi viziati dalle esigenze del potere temporale nel caso della Religione e dalla ben fondata avversione per quel potere nel caso della Scienza.
Ma per esporre la mia idea su come e perché i due sistemi razionali dei quali i due linguaggi sono espressione si possano avvicinare, o si stiano avvicinando, dovrei dilungarmi troppo in questa sede.


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