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Ridatemi Ratzinger

Di (---.---.---.57) 28 luglio 2013 19:11

Caro Falcioni io non so se lei (mi scusi per la mia ignoranza) sia "semplicemente" una buona penna e come tale abbia scritto il pezzo su pubblicato oppure sia un giornalista e come tale conoscitore delle oscure (per chi non le conosce) e perverse (per la massa) leggi massmediologiche alle quali è sottoposto in ogni latitudine il giornalismo.
Forma e contenuto degli articoli (purtroppo) non sempre corrispondono ed anzi ad essere sinceri... non lo sono quasi mai però sono il termometro immediato di una situazione, di un climax che si vuole descrivere e senza i quali sarebbe molto difficile riuscirci. Per capirci un esempio per tutti, quando si occuparono colonne di quotidiani e servizi televisivi solamente sulla station wagon (con tanto di seggiolini, orrore) con la quale l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta si presentò al Quirinale e non invece sulla perdurante crisi politico-istituzionale come si sarebbe potuto e dovuto interpretare? Secondo ila suo metro come un asservimento della stampa (in questo caso su un particolare risibile e trascurabile)?Oppure invece come un formidabile flash mediatico che dava il polso preciso e immediato della voglia di cambio di rotta che si sentiva e si annusava in tutte le redazioni e in tutto il paese in quei giorni?
Innegabilmente, che lo si voglia o meno, il peso mediatico del papa su qualsi altro personaggio è palesemente superiore e predominante. Non solo in Italia ma in tutta la stampa mondiale. Anche se, veramente, ha dovuto accontetarsi del secondo posto proprio nel paese dove il giornalismo anglossassone la fa da padrone e cioè nel Regno Unito dove la prima notizia in tutti ma proprio tutti organi d’informazione nazionali era... il royal baby. Tutto ciò magari potrebbe stupire i più ma piuttosto dovrebbe far capire come funziona la notizia, da quando nasce a quando si pubblica. 
La sua riflessione, Falcioni, potrebbe avere degli spunti di riflessione anche se a mio modesto avviso non sempre pertinenti ma sopratutto pleonasticamente controproducente con l’esortazione finale dal sapore romanascamente vernacolare di Ridatemi Ratzinger!


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