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La dittatura del Pil nel paese degli evasori

Di Pietro Cuccaro (---.---.---.144) 3 aprile 2013 11:32
Pietro Cuccaro

Gentile Paolo,
la ringrazio per il suo commento.

Non era ovviamente mio obiettivo veicolare temi e argomentazioni di esponenti politici, ma solo le mie idee.

Peraltro, non credo che quanto ho scritto sia in linea con quanto affermano Berlusconi e Grillo.

Mi spiego.

PRIMO PUNTO: PIL E TASSAZIONE

Che il calcolo del Pil, come viene fatto adesso, non corrisponda all’economia reale è un dato di fatto. Ciò però non vuol dire che basti aggiungere un "forfait" di nero del 30 per cento per risolvere il problema. Anzi. Ciò, nei fatti, legalizzerebbe il nero, accettandolo come un male endemico e incurabile del sistema economico italiano.

Quando parlo di "rivedere il calcolo" intendo dire che, prima ancora di riconcepire il concetto di Pil e le modalità di calcolo della ricchezza di una nazione, bisogna rivedere il modo con cui vengono recepiti i dati: secondo me andrebbero presi con le pinze, dando per assodato che sono cifre "errate per definizione"; non, come accade ora, che vengono prese per "oro colato".

Si badi bene, non parlo solo di politica e di economia, ma soprattutto di informazione.
Da mesi, da anni, i media ci bombardano con i dati del Pil, ma non ho mai sentito uno che abbia detto: "Aspetta un attimo, vogliamo capire come si calcola questo Pil? Sono dati attendibili? Ed è normale che da questi dati (fallaci) poi dipenda il destino economico di una nazione? Riflettiamoci...".

Detto questo - è ovvio - bisognerebbe innanzitutto pianificare una seria politica di revisione fiscale e controllo sull’evasione.

L’evasione fiscale deve diventare "poco conveniente" per i cittadini e per gli stessi commercianti.

Di proposte ce ne sono tante, inutile mettersi a ipotizzare disegni di legge (non è il mio compito), ma un concetto deve essere chiaro: è lo Stato che deve intervenire, non i cittadini.

Non si può pretendere che una mamma che porta il bambino dal pediatra - intra moenia - poi gli chieda la fattura, rischiando di inimicarselo. Non lo farà mai. Anche perché, nella migliore delle ipotesi, sarà costretta a pagare di più: la tariffa concordata più l’Iva. Quindi: oltre al danno, la beffa. (e con questo credo di aver risposto anche al secondo commento)

Ci sono modi molto più semplici per verificare che quel pediatra è un evasore fiscale...

NOTA BENE
Questo è un discorso che vale per il Pil ma potrebbe essere fatto pari pari, per esempio, sulla disoccupazione: nel meridione ci sono tassi (ufficiali) di disoccupazione giovanile alle stelle, innanzitutto perché l’economia è meno florida (e su questo non ci piove) ma anche perché tutti i giovani che lavorano come apprendisti, commessi, segretari, ragionieri ecc... sono in nero.

SECONDO PUNTO: CONSUMISMO

La mia critica al consumismo "a tutti i costi" è solo in parte collegata al concetto di "decrescita felice" (che, si badi bene, non è stato inventato da Grillo, ma ha ben altri riferimenti teorici).

Secondo me non è solo un problema di "consumo delle risorse" ma, più in generale, di benessere... dell’individuo, della società, dell’ambiente...

E anche su questo tema la mia critica è all’approccio metodologico.
Sembra che per risolvere il problema (la crisi economica, la disoccupazione) la soluzione possibile sia una soltanto (la crescita: produrre di più, consumare di più...).

Non è così: questa è solo una delle teorie economiche, ma non è detto che non possano essercene altre.

Il benessere non si misura solo da quanti soldi abbiamo in tasca, ma dalla qualità della nostra vita, dai rapporti con gli altri individui nella società, dalla salubrità dell’ambiente, dalla quantità di tempo libero...

Invece questo aspetto viene sistematicamente ignorato nei dibattiti.

Non sono un economista e altri meglio di me possono illustrare questi aspetti: vi invito a documentarvi, anche sul web, ponendovi delle domande che comincino ogni volta con "Che senso ha...".

Come giustamente dice lei, servono "una corretta educazione al consumo e una profonda riforma delle regole del profitto", ma non sono così ottimista sull’avvento di nuove tecnologie che razionalizzeranno i nostri consumi.

Vedo piuttosto una tendenza all’entropia che va assolutamente frenata (e ci vuole tanta fatica) se non vogliamo finire tutti nel baratro.
E soprattutto vedo altre economie emergenti che stanno commettendo gli stessi identici errori commessi dalle economie occidentali nell’ultimo secolo. E nessuno prova a fermarle perché sono proprio queste economie, con i loro consumi, a tenere in vita l’occidente. Un circolo vizioso che si autoalimenta ma non produce reale benessere.

Che senso ha tutto questo?


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