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"OIL": la voce delle vittime

Di m.c. (---.---.---.230) 27 maggio 2009 17:54

 Anche se non collaboro piu’ con AV, alla luce della recente ultima tragedia causata dallo stesso impianto petrolkiller , sento il dovere di scrivere ancora qualche parola.

 
 La tragedia avvenuta ieri martedi 26 maggio 2009 nella raffineria della famiglia milanese Moratti merita qualche riflessione, cercando di non farsi prendere dalla cieca rabbia.

 Tre operai sono morti asfissiati dall’ossido di zolfo, mentre pulivano una cisterna.
 Un quarto e’ fortunatamente scampato alla morte.

 Le vittime lavoravano per un’azienda (Sar.co.ma) che aveva vinto una gara d’appalto, quindi pur lavorando, in pratica, per la raffineria Saras, non erano da essa formalmente assunti.

 Circa i tre quarti dei lavoratori della raffineria assassina sono reclutati in appalto da ditte terze, che si aggiudicano tali appalti offrendo prezzi sempre piu’ bassi.

 Tali salari da fame (tra gli 800 e i 1200 euro), che permettono ai Moratti una vita da nababbi e ai titolari delle imprese appaltatrici lauti guadagni, condannano i lavoratori ad un precariato sempre piu’ esasperato, sempre piu’ dequalificato, sempre piu’ criminale.

 Sulla carta la Saras parla di controlli su controlli. 
Sembrano le dichiarazioni del nano a capo del regime.

 Poiche’ poi, in realta’, la gente muore. Gli operai muoiono.

I controlli sono solo spot, sono sulla carta. In realta’ bisogna fare in fretta, sempre piu’ in fretta. Perche’ i ricchi devono fare soldi, sempre piu’ soldi e in fretta, ancora piu’ in fretta. La vita e’ breve e bisogna godersela; a questo servono gli schiavi la sotto...

 La Saras si e’ recentemente quotata in borsa, forse per ottenere piu’ facilmente denaro con i magici strumenti che offre il casino borsistico. Non so se i suoi utili stiano volando, come quelli di tutti i titoli petroliferi del mondo, ma so che gli operai, che che rendono possibili tali enormi guadagni, continuano a crepare. Del resto questo e’ il sistema in cui viviamo e che accettiamo. Fin quando lo accettiamo.

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 In alto sempre piu’ ricchi. In basso sempre piu’ sfruttati, usati e poi gettati. Che formidabile sistema il capitalismo. Chissa’ quanto sangue, quanti morti, quanto orrore ci servira’ ancora per capire?
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 Inutile dire che la casta politica isolana non ha preso alcuna concreta misura contro il petrolkiller. Solo le solite dichiarazioni di ipocriti politicanti, primo fra tutti il prodotto sponsorizzato dal nano di Arcore ovvero il governatore Cappellacci.
 Non sprechero’ parole per gli esponenti di un regime corrotto e criminale e in cui sempre meno sudditi hanno fiducia.

 Vorrei invece richiamare l’attenzione su un punto che a noi pare fondamentale: la censura sulla verita’.

 Il film "OIL" di Massimiliano Mazzotta rappresenta questa "verita’ ", per quanto un film possa piu’ o meno perfettibilmente rappresentarla.


 Tale film strutturato, com’e’ noto, sulla falsa riga della recente cinematografia d’inchiesta anglosassone alla Michael Moore, a cui si e’ ispirata in Italia, per esempio, Sabina Guzzanti, costituisce un formidabile tentativo di fare luce sull’attivita’ potenzialmente criminale della raffineria sull’ambiente e sulle persone.

 Mai prima, che noi si sappia, nessuno si era cimentato in tale impresa.
 Sembrava quasi che la grande raffineria killer dovesse esistere da sempre e per sempre, che potesse inquinare e distruggere l’ambiente per diritto divino, e che fosse impensabile pensare di poter tentare di cambiare le cose.

 Il giovane regista era riuscito, col suo capolavoro, a riunire nomi, numeri, fatti, statistiche, interviste, in un formidabile cocktail che permetteva a chiunque, in poco piu’ di un’ora, di farsi un’idea degli enormi pericoli derivanti dalla raffineria; il film terminava coi morti di cancro e cominciava con la (in)sicurezza delle condizioni di lavoro.
 In realta’, come ben evidenziato da Mazzotta, le vittime a lungo termine sono di gran lunga piu’ numerose di quelle dovute ad incidenti. Ancora una volta l’artista e’ molto in anticipo sui suoi tempi. 

 Ma il punto e’ un altro.
Perche’ questo tentativo cinematografico unico di ricerca della verita’ e’ stato colpito dalla congiura del silenzio.

 Perche’ tale film non e’ arrivato non dico nei circuiti nazionali, ma neppure in quelli isolani? Perche’?

Eppure la Saras e’ una delle aziende piu’ grandi d’Italia, quotata in borsa e, come fatturato, la piu’ importante della Sardegna.
 Eppure delle vite umane, passate e future, sacrificate sull’altare del "progresso" e del "benessere" sembra non importi nulla a nessuno.

 A Cagliari tale film e’ stato in programmazione un giorno solo (cinema Odissea). Perche’?

 Si deve al grande senso civico di Antonello Zanda, gia’ curatore della Cineteca Sarda, se tale film ha potuto essere proiettato alcuni altri giorni, peraltro gratuitamente. E colgo qui l’occasione per rinnovargli i miei piu’ sentiti ringraziamenti. Senza di lui non ci sarebbe stato neppure il mio (modesto) articolo.
 
 A Sarroch, il comune dove ha sede la raffineria killer, non e’ stato possibile proiettare pubblicamente il film in una normale sala cinematografica. Perche’?

 E poi, perche’ la raffineria killer ha denunciato alla magistratura il monumento alla coscienza civile del giovane regista, chiedendone il sequestro?
 Come e’ possibile che un film inchiesta che in un Paese civile meriterebbe un premio in un paese come l’Italia si meriti una denuncia?
 Forse perche’ siamo un paese di merda, con ignoranza generalizzata e un conseguente regime degno del Turkmenistan....forse. Ma si resta comunque basiti, esterrefatti per l’arroganza del potere. Non c’e’ piu’ nemmeno il senso della vergogna.
 E’ la Saras a dover essere semmai sequestrata (e poi processata e poi chiusa per disastro ambientale) non il film che ha il coraggio di dire queste cose.
 Eppure questa e’ l’Italia: tu fai un capolavoro che dovrebbe essere proiettato ai ragazzi delle scuole e si cerca invece di mandarti gli sbirri per il sequestro.



 E infine, perche’ l’Unione Sarda, il massimo mainstream isolano, nell’edizione odierna, non dedica al grande impegno civile del giovane regista nemmeno una colonna, una riga, una parola. Niente. silenzio assordante. Assoluto.

 "OIL", l’inchiesta in cui si spiegava, nelle voci stesse degli operai, come si diventa vittime della raffineria killer, come si muore nella raffineria killer, perche’ si muore nella raffineria killer, "OIL", dicevamo, per l’Unione Sarda non esiste.
 Inutile dire che con tale comportamento che nulla ha di giornalistico ne’ di intellettualmente onesto, il piu’ antico quotidiano isolano ha protetto e occultato la scandalosa richiesta di sequestro del film dei fratelli Moratti. Due piccioni con una fava.
 Che esempio di giornalismo.
 La Cina si vedra’ costretta a venire a prendere lezioni di propaganda dal nostro regime consumistico pubblicitario del nano e dei suoi sodali.

 Persino su EPolis (edizione Sud Sardegna), "l’organo dei circoli del buongoverno" (nelle parole di Dell’Utri) si menziona l’opera di Massimiliano Mazzotta. Piu’ oltre non ci adentriamo, per non sparare sulla croce rossa, ma almeno qui non c’e stato il completo ostracismo dell’Unione Sarda.

 Dai mainstream non ci aspettiamo quasi mai qualcosa che anche solo lontanamente assomigli alla verita’ dei fatti. I mainstream rispondono ai soldi degli inserzionisti, i veri padroni; i lettori sono gli utili idioti da vendere agli inserzionisti. Ma ci dovrebbero essere dei limiti

 L’omissione dell’Unione Sarda di oggi, invece, segna un nuovo traguardo. sic.

 Essere riusciti a censurare un film cosi’ importante, unico, vibrante, come "OIL" nel giorno stesso in cui tre nuove vittime sono immolate a questo immondo tritacarne dalle uova d’oro (ouva che vanno pero’ a Milano) e’ una cosa che richiede stomaci forti, anche per redattori di non proprio specchiata indipendenza, abituati a omettere e ad inventare notizie che non esistono, come sono quelli dell’Unione Sarda.

 Scrivo questo perche’ vorrei si ricordasse a che grado di servilismo, ipocrisia e menzogna sta sprofondando la stampa italiana ( "partialy free" , ultimo rapporto Freedom House 2008).

  Spero che questa stampa, questi mainstream, crepino presto. Sono solo un eterno insulto a tutti gli spiriti liberi. Ci stanno solo intossicando.
 .......................
 
 Le vittime di ieri si chiamavano Daniele Melis, Gigi Solinas, Bruno Muntoni e non ci importa quanti anni avessero. Erano sempre troppo giovani per morire cosi’.









 



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