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Il Giappone abbandona il nucleare. Ma seppellisce le scorie senza riprocessarle

Di Renzo Riva (---.---.---.45) 12 febbraio 2013 01:52
Renzo Riva

Le scorie sono una "RISORSA" disponibile per dare ulteriore energia con i reattori di IV generazione.
.
Ecco cosa ha detto Abe primo ministro giapponese vincitore dalle ultime elezioni di fine 

2012:

Riprendere la strada del nucleare e favorire le esportazioni indebolendo lo 
Yen. Il primo ministro giapponese Shinzo Abe, appena insediato, detta la linea 
del neo esecutivo conservatore.
Subito dopo essersi inchinato di fronte all’imperatore Akihito – al quale 
spetta la nomina del capo dell’esecutivo, dopo la fiducia del parlamento – Abe 
ha ufficializzato la squadra di governo. L’ex premier Taro Aso, padre del 
massiccio pacchetto di stimoli all’Economia nel 2008, sarà ministro delle 
Finanze.
“Sarà un governo che vincerà la crisi per il popolo giapponese – ha detto Abe 
nella sua prima conferenza stampa – Il Paese sarà più forte perché avrà un’
economia forte. Senza la rivitalizzazione dell’economia, non ci potrà essere 
alcuna riforma finanziaria e nessun futuro per il Giappone”.
I conservatori mancavano da tre anni al potere, abbastanza perché la tensione 
giocasse un brutto scherzo al vice segretario 

generale del governo Kazuhiro Sugita, svenuto durante la conferenza stampa.
Ritornano al governo con una maggioranza schiacciante in parlamento: Abe ha 
ottenuto 328 voti su 478, grazie anche all’appoggio dei nazionalisti. Un’
alleanza che impone al governo di affrontare la questione delle isole contese 
con Cina e Corea del Sud. Questione difficle visto che Pechino, ad esempio, e 
il principale creditore di Tokyo.
Dalla politica estera a quella interna, i problemi si sommano: il nuovo 
esecutivo si insedia con un debito pubblico schizzato al 240% del Pil.




Il futuro dell’energia nucleare in Giappone con il nuovo governo Abe
mercoledì 6 febbraio 2013



di Donatello Osti (Non-resident analyst International Peace & Security 
Institute - IPSI)

La schiacciante vittoria alle elezioni di Dicembre del Partito Liberal 
Democratico capitanato da Shinzo Abe ha riportato il futuro dell’energia 
nucleare in Giappone al centro del dibattito domestico e internazionale. Se il 
precedente governo si era speso per il graduale abbandono dell’energia 
nucleare, Abe ha dichiarato più volte la volontà di costruire nuovi reattori 
più sicuri per garantire una maggiore indipendenza energetica al paese.

Il Giappone detiene attualmente il primato mondiale nell’importazione di Gnl, 
è il secondo importatore di carbone e il terzo importatore netto di petrolio. 
Prima dell’incidente di Fukushima il paese era il terzo produttore mondiale di 
energia nucleare; l’energia dell’atomo rappresentava circa il 13% del 
fabbisogno energetico interno e produceva il 27% di energia elettrica. 

Dopo l’11 Marzo del 2011, con la catastrofe naturale e lo tsunami nel Tohoku i 
consumi giapponesi di Gnl sono cresciuti del 56%, quelli di greggio del 27% e 
il consumo di olio combustibile è incrementato del 20%.

Lo scenario attuale richiede una ridefinizione programmatica del futuro mix-
energetico del paese. Il Primo Ministro, consapevole dello scetticismo di buona 
parte dell’opinione pubblica a rimettere in moto i reattori nucleari ha 
sottolineato la necessità di prendere decisioni più trasparenti ed ha creato a 
tal fine Commissioni di vigilanza e controllo sia governative che indipendenti 
per implementare nuovi standard di sicurezza. A partire dallo scorso giugno 
solo i reattori 3 e 4 della Centrale di Ohi sono stati riattivati, gli unici su 
un totale di 50 nell’intero paese ad aver passato i due ‘stress test’ imposti 
dall’autorità per la sicurezza nucleare. 

In un clima di massima attenzione alla sicurezza nucleare, Abe si è dichiarato 
fortemente intenzionato a costruire nuovi reattori totalmente diversi da quelli 
costruiti 40 anni fa. Nonostante le sue parole siano state recepite come una 
svolta rispetto all’amministrazione politica precedente non sono stati tuttora 
registrati grossi cambiamenti. E’ tuttavia importante ricordare i punti 
fondamentali su cui il precedente governo Noda aveva orientato la politica 
energetica giapponese: la realizzazione di una società nuclearmente 
indipendente, con l’obiettivo di arrivare a zero-energia nucleare nel 2030 – 
una rivoluzione energetica ‘green’ con forti investimenti infrastrutturali 
nelle rinnovabili e la stabilità nell’offerta di energia, da attuarsi grazie 
all’utilizzo di energia fossile e geo-termica. Il governo non ha mai approvato 
questo pacchetto di riforme che difatti sono rimaste solo proposte.

Il Piano per l’Energia del 2010, in contrapposizione a quanto avrebbe poi 
dichiarato Abe prevedeva la costruzione di 12 nuovi reattori nucleari entro il 
2020 e l’aumento della percentuale di elettricità prodotta dal nucleare ad 
oltre il 50% entro il 2030.

Nel breve periodo si prevede la riattivazione di alcuni reattori nucleari – 
come nel caso di Ohi – una volta che la Commissione per la regolamentazione 
nucleare abbia confermato la sicurezza di operabilità degli impianti entro i 
prossimi 3 anni.

Nel lungo periodo il mix-energetico giapponese sarà determinato dalla 
performance delle fonti di energia rinnovabili che sono state gradualmente 
introdotte in Giappone dal Luglio 2012 attraverso il cosiddetto ‘Feed in tariff 
system’. Questo modello in particolare obbliga le utilities energetiche ad 
acquistare energia da fonti rinnovabili ad un prezzo fisso per un periodo 
prestabilito di almeno 10 anni.

Il governo Abe ha senz’altro cambiato rotta rispetto alla politica energetica 
giapponese ma non ancora in maniera così decisiva. Molto probabilmente il Primo 
Ministro sarà cauto fino alle prossime elezioni della Camera Alta a Giugno 
2013. Se i risultati dovessero favorire ulteriormente il partito Liberal 
Democratico Abe potrebbe premere maggiormente per la costruzione di nuovi 
reattori, forte anche dei stretti legami tra il suo partito e le potenti lobby 
industriali.

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