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Intervista a Capovilla (Teatro degli orrori): tra musica, poesia, politica, impegno civile

Di (---.---.---.249) 13 aprile 2012 18:58

Due cose sa fare bene Capovilla: aprire il dizionario e memorizzare a caso parole auliche e forbite per fare bella impressione. Poi gira sempre attorno ai soliti concetti noti e stra-noti di utopie sociali, frasi stantìe rafforzate con qualche parolone, il "primus inter pares" citato da tutti (oh, che bravo ragazzo, ha studiato pure latino per l’interrogazione di domani), "non sarò mai una rockstar futile e vacua attaccata al denaro", roba sentita e letta ovunque. I poeti (quelli veri) innovano, o rinnovano, il linguaggio con stili originali mai letti prima, e infatti ne nasce uno ogni mezzo secolo. Vedo che è molto affezionato al termine "paradigma", ma gli studi universitari non gli sono bastati a comprendere che la migrazione è "paradigma" di tutta la storia umana, sin dalle origini, e non solo di quella contemporanea: semmai è l’atteggiamento negativo della maggioranza degli italiani nei confronti dell’immigrazione ad essere "paradigma" della nostra, e solo della nostra, società attuale.

C’è una scena che fa al caso mio, tratta dal film "Will Hunting", in cui il protagonista smaschera uno studente incontrato in un pub, dimostrando a tutti che i pensieri di questo giovane universitario, sedicente intellettuale, non sono altro che frasi copiate, lettera per lettera, dai libri studiati: "Il tuo trucco è questo? Impari a memoria qualche oscuro passaggio, entri in un pub e dici che è tuo per fare bella figura?". Perché a me sembra così...

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