Sono d’accordo con lei quando scrive che "c’è dietro la traduzione un vero e proprio ’territorio’ che dipende
dalle capacità del traduttore (evidentemente) quanto le sue individuali
sensibilità". Infatti io non nego l’aspetto creativo della traduzione. Ma credo che esistano dei confini che non vanno superati nel nome di un "diritto" che non c’è, quello di sostituirsi all’autore o di fare come se si fosse autori dell’opera. Mi riferivo, quindi, esclusivamente al termine, piuttosto equivoco, di "co-autore" utilizzato dall’intervistato, dato che non è ammesso da nessuna parte (in termini legali oltre che poetici) che il traduttore sia autore di ciò che traduce...In questo senso parlavo di servizio, editoriale o meno. Ciò non toglie nulla al mestiere del traduttore, mi sembra.
Cari saluti,
Alessandro De Caro