Mi sembra che definire il traduttore, come fa Bruno Persico, un "co-autore" dell’opera è quantomeno depistante se non scorretto: la traduzione è un servizio editoriale, fino a prova contraria, non un atto poetico o artistico. E anche se lo fosse, e in certi casi eccelsi probabilmente lo è diventato (penso a certi traduttori di Paul Celan o alle opere di ermeneutica letteraria di Yves Bonnefoy su Rimbaud) ciò non dovrebbe essere espresso con la tipica supponenza professionale che vediamo in giro...E dire che una delle qualità principali di un buon traduttore dovrebbe essere la capacità di ascolto, quel saper sparire nella frase altrui che gli fa senz’altro onore.