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La mia protesta contro la censura di Brokeback Mountain

Di AnelliDiFumo (---.---.---.181) 11 dicembre 2008 00:46
AnelliDiFumo

Virginia, sono molto colpito dal tuo messaggio.

Vedi, le manifestazioni dell’orgoglio omosessuale si tengono da quando, nel 1969, dei travestiti e dei gay che frequentavano un locale gay di New York, lo Stonewall, decisero di reagire con la violenza alla violenza dei poliziotti che compivano retate abituali in quei locali, con l’obiettivo di repimere quella che si considerava allora "ostentazione dell’omosessualità", ossia entrare in un locale pubblico per chiacchierare con amici e sconosciuti, magari tra un drink e l’altro.

Ogni 28 giugno, ricorre l’anniversario di quella rivolta, che durò 5 giorni e tra l’altro costrinse i poliziotti a difendersi dalla reazione dei finocchi chiudendosi a chiave proprio dentro lo Stonewall. Per una volta, chi doveva difendersi chiudendosi in un posto, erano i poliziotti eterosessuali e omofobi.

Il gay pride, in tutto il mondo occidentale, ricorda quell’anniversario. Si "esce fuori" e si mostra a una società prevalentemente eterosessuale che la società stessa è fatta di tante componenti differenti. In quel 5-10% di persone gay, lesbiche, trans e bisessuali c’è naturalmente di tutto: dai bacchettoni ai libertini, proprio come tra gli etero. I gay bacchettoni non conoscono oppure non capiscono oppure non condividono la storia del gay pride e non pensano che si debba andare in piazza a manifestare. Questi rimangono a casa a lamentarsi, ma del resto poi spesso non vanno nemmeno a votare, per cui non fanno testo. Alcuni di loro invece vengono lo stesso, e si vestono in modo ordinario, unendosi a quella maggioranza di manifestanti non bacchettoni che partecipa vestendosi come quando va a scuola, al lavoro o in università: giacca e cravatta, jeans e maglietta, gonna e camicia. Solo che poi la maggioranza di chi si veste in modo regolare non finisce nell’obiettivo dei fotoreporter e non va nei servizi del telegiornale. I media, specie quelli italiani, hanno l’interesse a trovare sempre e solo il personaggio sgargiante, raramente intervistano manifestanti il cui abbigliamento non desta scandalo.

Il gay pride, in Occidente, è anche occasione di festa: si festeggia il raggiungimento della parità dei diritti. Sono d’accordo con te, in questo senso, che in Italia non ci sia proprio niente da festeggiare.

Eppure, se tu vivessi in una società al 90/95% maschilista, che considerasse l’avere le tette e l’essere donna come un segno di inferiorità, di vergogna e di discriminazione, molto probabilmente ogni 8 marzo (e forse tutti i giorni?) andresti a manifestare in gonna e camicia, o magari addirittura con le tette al vento, come diceva quella vecchia canzone di Guccini. Oppure te le fasceresti strette, sperando che nessuno le possa notare? Pensaci.


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