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Le grandi potenze e l’Unità d’Italia - L’impresa di Garibaldi - L’opera di Camillo Benso di Cavour

Di Luigi Nicotra (---.---.---.198) 9 marzo 2011 15:24

Le sue rilfessioni, egregio xxx.xxx.xxx.143, sono molto interessanti e molto c’è di vero in esse. Ma questo, a mio avviso, non sposta i termini della questione sulla grandezza di fondo dell’epopea risorgimentale e della conquista dell’unità del Paese, nonostante tutti i limiti, le brutture e le ralizzazioni incompiute o mai conseguite.
Due dati di fatto ed altrettanti meriti da attribuire all’unità del Paese:
1) l’Italia non ebbe la rivoluzione industriale che ebbero altri paesi europei, in primis la Gran Bretagna, fra la fine del 18° e l’inzio del 19° sec., vale a dire quel processo evolutivo da un sistema economico fondamentalmente agricolo ed artigianale ad uno industriale moderno caratterizzato dall’uso di macchinari, azionati da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove, per l’epoca, fonti energetiche come, ad es., il carbone. Processo che necessitò, oltre che di favorevoli condizioni di mercato ( il passaggio da un’agricoltura di mera sussistenza ad una finalizzata al profitto ), geografiche ( essere da sempre al centro delle grandi rotte commerciali ), anche di un quadro poitico/iistituzionale consolidato e, quindi, in grado di assecondare e favorire detto processo. Questo avveniva nel Regno Unito. Ebbene, credo che solo grazie all’unificazione nazionale si potè realizzare lo sviluppo industriale italiano. Fu infatti negli ultimi vent’anni del secolo 19° che l’Italia ebbe la sua peculiare rivoluzione industriale nel campo produttivo e delle trasformazioni strutturali diventando, ancorché con grandi difficoltà, un Paese industriale. Tali trasformazioni comportò, da una parte, la creazione di grandi complessi industriali, specie nel nord Italia. Dall’altra, il centro-sud divenne sbocco commerciale dei prodotti e serbatoio di mano d’opera. Furono fenomeni che si stabilizzarono proprio in quel periodo.
2) L’Italia non ebbe neppure la riforma protestante, vale a dire quel movimento religioso, nato nel 16° secolo, ben prima quindi dell’unità d’Italia, che nato col fine del rinnovamento spirituale della Chiesa e del recupero del rigore morale, ebbe rivoluzionari risvolti politici che contrassegnarono lo sviluppo, oltrre che religioso, culturale economico e politico delle nazioni nelle quali prese piede. La riforma protestante, come noto, fu fortemente avversata dalla Chiesa di Roma la quale vide in essa lo spettro della fine del proprio potere temporale. L’Italia, la propria riforma " protestante " la conseguì grazie ai movimenti risorgimentali ed all’unità del Paese, ottenuta sull’apporto ideale del liberalismo laico, talora anticlericale, grazie al quale vennero sconfitti il Papa Re ed il suo potere temporale.
Credo che questi due meriti del Risorgimento siano indubitabili. Che poi la storia d’Italia si sia sviluppata sommando conquiste a contraddizioni sociali, politiche e culturali/religiose,mi permetto di dire che questo concerne quell’uso strumentale, di cui parlavo nel mio articolo e del quale rimango convinto, che si è fatto del Risorgimento a seconda delle convenienze polticihe.
LN


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