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Il movimento no global ha perso e la globalizzazione ha vinto

Di Michele Mezza (---.---.---.3) 2 dicembre 2009 10:54
Michele Mezza

 Le osservazioni di maria Lutero e di Gloria mi sembrano pertinenti. Sono nella testa di tanti e anche nella mia. 

 Devo purtroppo insistere. 
 Parto dall’ultima osservazione di Gloria: Oggi stiamo meglio grazie all’azione di pungolo dei no global. Proprio no. 
 Oggi stiamo meglio perché il capitalismo , dopo un secolo di braccio di ferro con il movimento operaio, cosa ben diversa da quel bovaro speculatore di Bovè e dai sindacati dei camionisti americani ( allora ancora diretti dal giovane Jimmy Hoffa Junior) che guidavano i cortei a Seattle, ha scelto di rovesciare il tavolo e marginalizzare il lavoro materiale, reinvestendo il profitto sociale sul mercato dei consumi di massa. 
 Hai voglia di dire: masse enormi di persone sono state ad ovest liberate dal lavoro coertivo in fabbrica, e a sud dalla fame, grazie ad un’espansione della potenza produttiva del sistema globale. I dati parlano da soli. Le ricerche del 2001 sono archeologia: oggi due terzi delle aree depresse nel 1989 sono i vagoni trainanti dell’economia mondiale, altro che cortei contro la fame nel mondo, organizzati dalla sazia borghesia intellettuale dell’occidente. 
 L’unica cosa che le anime belle dell’europa potrebbero fare per la fame nel mondo è abolire gli indecenti finanziamenti all’agricoltura più ricca del mondo, per aprire il mercato ai produttori del sud del mondo. Chi lo chiede? I pacifisti che fanno? Bovè che dice? Il budget delle rendite concesse agli agrari europei è il triplo del PIL dell’Africa equatoriale.
 Ora il punto è capire come orientare una forza che sta scompaginando i suoi evocatori: la destra americana si è accorta di essere stata un’apprendista stregone, liberando una potenza quale la rete che sta disintermediando ogni centro di potere. Allora il problema è come dare un’anima a questa forza e come ripensare democrazia e sviluppo al tempo dell’economia dell’accesso contro l’economia della proprietà. Questo significa brevetti liberi per i giovani africani, significa basso costo dei farmaci in sud africa, significa centri di studio e di sapere in Niger. Significa pensare l’europa come un grande data base della cultura di base del mondo e non un super mercato per moda e sedie di vip in cerca di snobbismi. A Seattle questo non c’era. A genova neppure. Per fortuna Indiani, Brasiliani, Nigeriani, Cinesi ecc se ne fottono dei no global e competono con Wal street per mutare i rapporti di forza.
 Obama sta in mezzo al momento.Se passa la sua idea di riforma sanitaria si apre un varco ad ovest. Se dopo muta la politica energetica, si aprirà un varco in medio oriente e nell’islam, bloccato dai califfi del petrolio. Quando marciamo contro i califfi? Quando capiamo che un miliardo di islamici sono ostaggio dei petrolieri texani tramite le oligarchie al potere in quei paesi? Non è una prospettiva diversa e più concreta di una sassaiola contro Mc Donald?

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