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Terra dei fuochi: ora vogliamo i nomi dei responsabili

L'attenzione rivolta dai media sugli scavi nei terreni in cui sono presenti i rifiuti tossici sepolti dalla Camorra è l'argomento cardine delle ultime settimane. Anche se, a dire il vero, andrebbe fatta una premessa. Perchè se ne parla in maniera approfondita soltanto adesso? Perché chi aveva il compito di controllare, vigilare, salvaguardare il territorio si è girato dall'altra parte? Chi doveva vedere e non ha visto?

Sembra una ricerca dei colpevoli, in realtà lo è, perché il tema centrale di tutta questa storia (oltre alla bonifica del territorio) è cercare delle responsabilità. Si parla di criminalità, industrie del nord, politica corrotta, istituzioni assenti. Chi è che doveva controllare e non l'ha fatto? Oggi molti insorgono e dicono “l'avevamo detto anni fa ma non siamo stati ascoltati”. 

Perché lo Stato mette Saviano sotto protezione e poi non va ad indagare sulle cose che ha scritto nel suo libro e nei suoi articoli? Perché i media italiani, tutti, hanno sottaciuto questa triste verità lasciando che alcuni uomini senza scrupoli stuprassero il territorio e i suoi abitanti? C'è una visione d'insieme di tutto ciò, una visione che non possiamo sottovalutare.

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La Campania felix non è più tale ormai da tempo, sventrata dall'interno da una Camorra politicizzata e da una politica “camorrizzata”, tutto in funzione del profitto. Non importa per raggiungere i propri obiettivi si diffondesse "un'epidemia” di cancro nella popolazione. Dov'era l'esercito, dov'era la polizia, dov'erano i magistrati? Tutti sapevano e tacevano perché in Italia va di moda il pensiero che “tanto a me non succede”. E invece è successo, e l'epidemia si è allargata, toccandoci tutti, toccando tutte le nostre famiglie, consumando affetti, denari, dignità delle persone. 

Sarebbe troppo semplice, però, colpevolizzare Camorra e politica, tralasciando un altro grande attore di questa vergognosa vicenda: il popolo. So che questa affermazione potrebbe sembrare gratuita ma il popolo ha un grande potere, che i campani non esercitano più. Troppo ripiegati su se stessi a cerca di “sbarcare” il lunario in qualche modo, inseguendo quel sogni di ricchezza che è ancora il sogno di molte famiglie del sud. Dove eravamo noi? 

Forse a protestare contro una discarica o contro un inceneritore mentre ci seppellivano sotto al “culo” milioni di scorie e schifezze varie. Questa rinnovata attenzione dei media nei confronti di questo problema deve essere una luce guida anche per il popolo campano, uno sprone ad alzare la testa e a lottare. Una rivoluzione silenziosa ma fattiva, eliminando tutto il marcio della nostra società e dalla nostra politica, eliminando tutti quei legami che hanno reso forti uomini grandi come “coriandoli”Guardiamo le foto dei cari che abbiamo perso, delle occasioni che non avremo più e giuriamo a noi stessi che una cosa simile non dovrà succedere mai più. La nostra dignità non ha prezzo. Le persone che ci hanno tolto il futuro hanno fatto molto di più che stuprare la nostra terra, essi hanno violato le nostre coscienze convincendoci che non potevamo fare nulla, che la voce di un semplice uomo non fosse sufficiente a cambiare le cose. 

Le cose possono cambiare e forse, è arrivato il momento di assaltare la “bastiglia” ed eliminare chi, in nome del profitto ha tolto il futuro ai nostri figli. La situazione è critica, già da almeno un decennio se non di più. Una situazione ambientale e legata alla salute pubblica che potrebbe essere già compromessa del tutto. Non è affatto una previsione pessimistica, ma la realtà triste e preoccupante che si vive quotidianamente tra le province di Caserta e Napoli. Anzi nel 'triangolo della morte'. 

Le recenti dichiarazioni del pentito boss camorrista Carmine Schiavone che ha indicato alcuni terreni, nei pressi di Casal di Principe, in cui erano interrati fusti tossici hanno forse finalmente fatto aprire definitivamente gli occhi su una situazione già delicata. Poi la denuncia decisa di Padre Maurizio Patriciello, intervistato tra le altre cose dall'inviata Nadia Toffa in un servizio andato in onda il 1 ottobre nel programma "Le Iene", che ha parlato di un area impressionante nella vastità avvelenata fino all'inverosimile. In pratica tutta la zona di Acerra, Caivano e centri limitrofi. Un area, questa, in cui sono presenti tantissimi campi coltivati e zone adibite all'agricoltura dove si continuano a coltivare frutta e ortaggi. Ma non sono le sole aree contaminate.

Dobbiamo immaginare tutto il territorio che va dal litorale domizio, all'agro aversano fino alla zona settentrionale di Napoli come un'enorme "caldera" colma di schifezze e veleni. Dopo che l'informazione ha finalmente iniziato a parlare di cose già comunque risapute, adesso vogliamo i nomi di quelle aziende e di quei responsabili che hanno permesso lo scempio dei nostri terreni, delle nostre falde acquifere, della nostra aria.

La gente continua a morire di cancro. Non possiamo più far finta di nulla. Qualcuno deve avere il coraggio e la responsabilità di segnalare alla Magistratura i nomi delle aziende coinvolte, qualora questo atto dovuto non sia stato ancora fatto. Perché la salute dei cittadini è da salvaguardare. Solo con il sostegno della società civile, dell’opinione pubblica e delle autorità preposte si può mettere fine, presto e definitivamente, a questa vergogna italiana in una terra che meriterebbe attenzione e investimenti invece di rifiuti tossici. 

Vergogna che è finita sotto i riflettori proprio grazie a chi non ha smesso di combattere, informare e prendere posizioni. Si dovrà scendere in piazza e gridare, stavolta per davvero, che noi vogliamo risposte e le vogliamo subito, senza ulteriori temporeggiamenti che farebbero ancora più male. Attendiamo la reazione del popolo, seguita dalla fattiva collaborazione delle istituzioni perché non possiamo più permetterci di delegare le decisioni sulla nostra esistenza ad un branco di parassiti senza spina dorsale. Lo dobbiamo a noi e lo dobbiamo ai nostri figli. 

 

Andrea De Luca e Thomas Scalera
 
Foto: The Glocalblog/Flickr
Questo articolo è stato pubblicato qui

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