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Torino, ore 19: Stazione di Porta Nuova

L’occhio da pendolare su una realtà sempre più incomprensibile e dominata dall’ipocrisia. L’arresto di un giovane ragazzo nero.

Sono arrivato in anticipo, o meglio in ritardo, rispetto al treno precedente che è già partito, e nell’attesa gironzolo per la stazione. Tocca così, far la vita da pendolare, con orari incerti e con i mezzi pubblici che fanno ciò che gli pare; ma non mi lamento: viaggiare in treno ti da tempo per fare altre cose, come leggere, scrivere, ascoltare musica, riflettere.

Anche l’attesa diventa l’occasione per guardarsi intorno, osservare le trasformazioni del luogo, le persone, gesti e brandelli di dialoghi, discorsi di sfuggita. C’è chi sta con il naso all’insù e gli occhi puntati sul tabellone luminoso, quello nuovo, con gli orari ed i binari. Sembra un albero di Natale addobbato a festa.
 
Sugli arrivi, i soliti ritardi; se facessero come in Spagna, che ti rimborsano il biglietto quando il treno ha più di 5 minuti di ritardo, qui non pagheresti quasi mai il biglietto. Nessuno ti rimborsa nulla, in Italia. Per il disagio si scusano molto però, e un po’, anche in questo, ti senti preso in giro. La beffa la senti salire ed avvolgerti se solo ti guardi intorno.
 
Tutta la stazione è in fase di trasformazione. Lavori in ogni angolo. Negozi già pronti di prossima apertura ed altri in costruzione. Negozi, pubblicità, ed ancora negozi. La sala d’attesa è sparita completamente. C’è qualche panchina sparsa qui e là.
 
Per il resto, se devi attendere, sopratutto per i loro ritardi, stai in piedi ed al freddo. Con il caldo non va meglio. Sono sparite le fontane pubbliche che stavano di fronte, tra un binario e l’altro: ad una ad una le hanno demolite. In compenso lungo le banchine dei binari sono apparsi distributori cangianti, ricchi d’ogni bene: dal panino, al cioccolatino, alla bibita e, naturalmente, all’acqua. Così paghi un euro una bottiglietta del valore di 15 centesimi, quando prima era gratis; durante l’estate, quando fa caldo, se hai sete, devi avere l’euro o peregrinare per cambiare la banconota. Se ti scappa di far pipì, non te cavi con meno di 80 centesimi; altrimenti stringi e aspetti l’arrivo del treno, sperando che ci sia una "ritirata" funzionante.

Però vuoi mettere l’emozione di veder arrivare con il loro carrello gli addetti, con divisa tirata a lucido, per l’accesso al Frecciarossa? Uno spettacolo. Sembrano dei bibitari con quel carrellino viaggiante ma l’effetto da ingresso di un grande Hotel che offrono in testa al binario per i viaggiatori, garantisce l’illusione del trattamento speciale.

I morti di fame, i pendolari, la terza e quarta classe, possono viaggiare nei loro trenucci sporchi, consumati, scomodi. Con bagni indecenti, tessuti sui sedili che variano nel colore dal grigio al marrone, mentre in origine erano blu, marchiati con il simbolo "Fs" di cui rimane uno sfumato ricordo. Le carrozze non hanno mai tutte le porte funzionanti ed i treni sovente si bloccano o non partono perché il motore non c’è la fa più.
 
E sono ancora molto, ma molto gentili, questi controllori che ti accolgono con un sorriso; sulle tratte dei pendolari ci si conosce, alla fine, e si crea un sodalizio tra noi e loro. Corrono su e giù, cercando di regolare un impianto di condizionamento che non funziona mai bene (o troppo caldo o troppo freddo o niente), devono assistere il conducente, che è rimasto solo, e tutte le altre attività di controllo. Non senza imbarazzo, per il loro ruolo, sono costretti a dirti di ritardi, malfunzionamenti, blocchi alle porte od alle ritirate. Oppure che bisogna cambiare vagone perché quello in cui sei deve essere chiuso.

Ma la stazione sarà ricca di nuovi e scintillanti negozi. Ora ci sono gli schermi su ogni binario così non rischiamo di perderci un minuto di pubblicità durante l’attesa. Questa estate un improvviso temporale aveva bloccato tutto: pioveva a dirotto, treni fermi o in ritardo, schermi spenti, luci spente, passeggeri infradiciati. Sapete qual’era l’unica cosa che funzionava? Indovinato. Gli schermi della pubblicità.
 
Giuro: mai in vita mia ho avuto impulso così forte di prendere un qualsiasi oggetto contundente e scaraventarmi contro qualcosa per distruggerla. Ma sarei stato io il pazzo, il delinquente. Non questi amministratori delegati ai quali abbiamo consegnato il Paese e le nostre aziende pubbliche per farne oggetto di interessi privati. "Ci pisciano in testa e ci dicono che piove" scriveva una ragazza sul blog di Travaglio l’anno scorso, traducendo un detto popolare spagnolo.

Nel mezzo di questo affresco, mi rammento la notizia, di queste ultime ore: l’alta velocità non fermerà a Porta Susa. E’ esclusa, al momento, la nuova stazione che dovrebbe diventare la principale di Torino, sotto lavori di ristrutturazione da anni con costi cui non oso pensare. Non è previsto. La buona notizia per i pendolari è che, con l’arrivo del Frecciarossa, verranno tolti altri due treni per Venezia e i pendolari dovranno convogliare su quelli regionali già al collasso. "Ci pisciano in testa e ci dicono che piove".

Sto per salire sul mio treno, che nel frattempo è arrivato. Noto due vigilantes che si affannano verso l’ultimo binario e si precipitano verso il fondo della banchina. Qualche secondo dopo, le sagome sono diventate tre; corrono vero la mia direzione. Il terzo è un tizio che scappa. Lo raggiungono, lo atterrano e lo ammanettano. Pronti e svegli, bravi.
 
Un vigilantes, telefona al cellulare e comunica con qualcuno, immagino sia la centrale operativa. Ciò che segue mi lascia un po’ basito. Dopo alcuni minuti, mentre l’uomo è a terra, immobile, spuntano poliziotti e carabinieri più o meno di corsa: ne conto una dozzina. Tre gazzelle dei carabinieri stanno davanti all’ingresso laterale di via Sacchi, hanno bloccato il tram, che aspetta. La polizia è probabilmente arrivata dall’ingresso principale. In silenzio, lampeggiatori accesi; tutti dentro di corsa e l’uomo sempre a terra. Viene sollevato e messo in un angolo, seduto: è un ragazzo di colore, giovane, magro; si copre il viso, è inerte. Ma ha intorno a se più forze dell’ordine che passeggeri del treno sul quale probabilmente ha cercato di rubare qualche cosa.

Non si può non apprezzare il pronto intervento delle forze dell’ordine; anche se a qualcuno non farebbe male un po’ di allenamento, visto il fiatone di alcuni per una corsetta di 200 metri. La perplessità rimane sul dispiegamento di forze a fronte di evento già finito; il tipo già stava a terra ammanettato.
 
Che si saranno detti per telefono il vigilantes e la centrale? Cosa hanno comunicato alle forze dell’ordine? Mentre penso questo ed alcuni agenti rientrano, arriva il trabicolo elettrico con i poliziotti in forza alla stazione: ma questi non avrebbero dovuto intervenire per primi ?

E’ ora di partire. E mentre vedo portar via questo ragazzo in manette, il mio pensiero va a quella mano nera che ho stretto sul tram un’ora prima: un ragazzo africano che sta partecipando ad un corso nella mia azienda. Il loro colore è uguale, il portamento anche: gente fiera questi giovani africani; drammaticamente con un destino diverso; non posso non domandarmi quante possibilità abbia avuto il giovane in manette; di certo non è un ladro di professione uno che cerca di rubare sui treni e questa nostra falsa terra promessa diventa un incubo per quelli come lui.

Mi accingo a salire sulla mia carrozza sporca e lurida da terzo mondo. Guardo in alto, il cielo è cupo ma asciutto: eppure ho la sensazione di sentire gocce sulla testa.

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