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Stasburgo: "No al crocefisso nelle aule". Il ricorso del Governo

La Corte di Stasburgo non lascia, finalmente, spazio ad interpretazioni. Il crocefisso nelle aule lede la libertà di religione degli alunni e quella dei genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni. È questa la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, arrivata dopo il ricorso sollevato nel 2002 da una cittadina italiana originaria della Finlandia, la quale lamentava la presenza di crocefissi nelle aule dell’istituto frequentato dai suoi due figli, nella zona di Padova. La protesta quindi non arriva dall’esterno, dai pericolosi ambienti del fondamentalismo islamico legati ad Al Qaeda, ma da una madre italiana ed occidentale che, consapevole del suo diritto ad educare i figli fino alla maggiore età e nei limiti della loro libertà, rivendica la laicità dello Stato e la neutralità assoluta dei luoghi pubblici. Il Vaticano ci va piano, non si sbilancia, lo fa attraverso Padre Federico Lombardi, PortaVoce della Santa Sede, il quale “vuole leggere la motivazione, prima di pronunciarsi”. Meno caute invece le dichiarazioni del mondo politico, soprattutto del centro-destra, con il Ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, che rivendica come “la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione”. Una tradizione che pare debba mantenersi in piedi non solo con la celebrazione personale delle ricorrenze cristiane e con la pratica all’interno dei luoghi di culto e/o nel proprio domicilio, ma anche attraverso la presunzione che vada inserito un simbolo, all’interno di spazi comuni, che ha il sapore più un’imposizione di maggioranza (quella dei credenti, questa volta) che di un’allegoria della nostra identità. In sintonia con il Ministro anche Pier Ferdinando Casini, leader dell’UDC, secondo il quale “nessun crocifisso nelle aule scolastiche ha mai violato la nostra libertà religiosa, né la crescita e la libera professione delle fedi religiose. Quel simbolo - conclude - è un patrimonio civile di tutti gli italiani, perché è il segno dell’identità cristiana dell’Italia e anche dell’Europa".

La pensa diversamente l’altra parte dell’Opposizione, in particolare l’Italia dei Valori con Silvana Mura: “La questione fondamentale invece riguarda una scuola destinata ad avere studenti che sempre di più saranno di etnie e culture diverse. L’offesa nei confronti di studenti di religioni diverse da quella cattolica non credo sia rappresentata tanto da un crocifisso appeso al muro, ma piuttosto da programmi che non si pongano il problema di conciliare le caratteristiche fondamentali che l’insegnamento di Stato deve avere con la nuova realtà multiculturale e multietnica che in futuro sarà rappresentata dagli studenti della scuola italiana”. Intanto secondo la sentenza della Corte, il Governo italiano dovrà risarcire alla donna una somma di cinquemila euro (danni morali) e minaccia di presentare subito ricorso. Dai diretti interessati, la Rete degli Studenti Medi, arriva invece un ammonimento: "Ci preoccupano molto di più le intenzioni della Gelmini di parificare l’ora di religione alle altre materie o la normativa già oggi discriminatoria che sfavorisce gli studenti che non la frequentano". Poi l’appello: "Bisognerebbe togliere e riformare profondamente l’insegnamento della religione, non certo inserendo l’ora di islam, ma con una materia dedicata alle religioni e alle culture". Il dibattito si sposta così dall’ambito religioso a quello della democrazia e della Costituzione, secondo i cui principi al potere della maggioranza dev’essere associato necessariamente un rispetto delle minoranze e della libertà di culto che viene, almeno in questo caso e secondo i giudici europei, fondamentalmente leso.

Commenti all'articolo

  • Di Virginia Visani (---.---.---.96) 11 novembre 2009 17:58
    Virginia Visani

    La corte europea non sancisce, nel senso che non obbliga, bensì sugerisce. Dunque lascia ad ogni Stato la libertà di scelta.
    Alcuni ragazzi di altra nazionalità, interpellati, hanno detto di non aver nessun "disturbo" o fastidio o allergia da presenza del crocifisso. Mi sembra che volersi intestardire su questo punto denoti mancanza di buon senso.
    Adesso aspetterò di vedere nelle classi la mezzaluna o che la bandiera dell’Unione Europea tolga le dodici stelle (simbolo della Madonna).

  • Di (---.---.---.190) 11 novembre 2009 22:13

    @visani non è neanche del tutto vero che la corte dei diritto dell’uomo non sancisce, perché infatti obbliga lo Stato a risarcire quella donna e dopo di lei anche gli altri che a seguito di questa sentenza si appelleranno contro le norme dello stato italiano che obbligano la presenza del crocefisso nelle aule.
    Quindi lo Stato se no vorrà in futuro essere condannato a pagare dovrà per lo meno abrogare quello due norme dell’epoca fascita che impongono i crocifissi in classe

  • Di Riccardo Scano (---.---.---.119) 13 novembre 2009 00:16
    Riccardo Scano

    Vorrei sottolineare alcune altre cose, che forse restano poco chiare in tutti i dibattiti che sono stati fatti fino ad ora, per motivi oscuri. Invito chiunque inizi a leggere il mio articolo, così come tutti gli altri, a fare una piccola ricerca su internet sull’istituzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale risulterà chiaro non facente parte dell’Unione Europea "e non va confusa con la Corte di Giustizia, che invece lo è", come sottolinea Wikipedia. Risulterà altrettanto chiaro che è composta da tanti giudici quanti sono gli Stati che hanno deciso, di loro spontanea volontà, di prenderne parte, e che ogni Stato propone, in vista della loro elezione, 3 giudici a loro totale discrezione. Quindi, dire che "l’Europa ci impone/consiglia..." risulta essere un’affermazione un tantinello scorretta. Si leggerà anche che "gli Stati firmatari della Convenzione (Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali) si sono impegnati a dare esecuzione alle decisioni della Corte Europea". Niente di imposto dall’Europa quindi, ma vi è il suggerimento di rispettare gli accordi volontariamente presi e che si considerano, fino a prova contraria, sacrosanti. Non è stato chiarito, inoltre, come quello del crocefisso non sia un problema di "fastidio", "disturbo" o, ancor meno, dell’opinione che hanno le altre religioni. Il dibattito si basa sulla laicità dello Stato in primo luogo, sul futuro della nostra società in quanto ad integrazione poi. É semplicemente stato ribadito come, negli spazi pubblici (e sottolineo, pubblici), soprattutto quelli abiditi alla formazione culturale dell’individuo, non possano essere esposti simboli religiosi (nemmeno la mezzaluna). Questo per diversi motivi. Problema che si pone solamente adesso, visto che i crocefissi, salvo alcune rare eccezioni, non erano nelle aule da un pezzo e nessuno, nemmeno il crociato più estremista, aveva sollevato il problema. Trovo inoltre che "spaventare" l’opinione pubblica con previsioni catastrofiche riguardo la nostra identità (ho sentito qualcuno che preannunciava la fine del Natale...) sia di una demagogia che rasenta il ridicolo. Prima di chiudere la mia non-esaustiva risposta, in attesa che qualcuno mi contraddica, volevo puntualizzare come il mio articolo fosse stato scritto e spedito non appena la notizia è stata divulgata ma, per altri motivi, è stato pubblicato in ritardo.

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