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Sono preoccupato (perché si vuole la coscienza di una nazione nelle mani di Roberto Saviano)

Qui l’articolo di oggi con gli ultimi aggiornamenti.

Sono preoccupato. Se Ignazio Marino o un Dario Franceschini quando parlano del futuro della sinistra, alla voce criminalità, agitano la figura di Roberto Saviano significa due cose: ignorare la materia e quindi parlare per luoghi comuni, dimenticandosi che c’è molto ma molto di più. Oppure ritenere la platea a cui si parla banale che, se non si va per simboli mediatici facili, non comprende. In entrambi i casi la situazione è veramente deprimente. Con tutti i giudici, le forze dell’ordine, i testimoni di giustizia scoperti, si teme per la vita di una sola persona. Non sono preoccupato quando Pisani, capo della squadra mobile dice che loro hanno dato parere negativo alla scorta a Roberto Saviano. E soprattutto dice che “la lotta alla criminalità è una cosa normale. A cui tutti possono partecipare”. Assunto sacro santo. Sono preoccupato di cosa accadrà ora.

La polizia verrà incolpata di negligenza, mentre i carabinieri diranno che loro hanno fatto più attenzione? Si metterà, forse, in discussione la parola di un uomo che lotta quotidianamente sulla strada? Cosa sta succedendo? Qualcuno sta presentando il conto di una grande esposizione mediatica che invece di muovere animi e coscienze insieme verso un obiettivo comune, ha invece prodotto solo un beneficio personale? Ciò che dice oggi Pisani lo aveva scritto Gigi Di Fiore nel libro L’Impero dei Casalesi molto tempo fa. Ma sembra che nessuno lo abbia letto, o forse, lo hanno voluto oscurare. Ci fu un allarme bomba che invece era una bolla di sapone. Ma su tutto cala sempre il silenzio.



Sono preoccupato perché già oggi molti che hanno bisogno di una scorta non hanno protezione.

Perché domani non sarà data a chi ne ha realmente bisogno. Sono preoccupato perché si vuole la coscienza di una nazione nelle mani di Roberto Saviano, ma la lotta alla camorra non appartiene ad una sola persona ne tantomeno ai lettori di libri. Appartiene ai cittadini italiani. Perché le storie che i media vogliono ascoltare non sono conosciute da una sola persona ma da tutti. Creare martiri mediatici, gadget televisivi è pericoloso perché mette a rischio il lavoro di tanti, troppi che da sempre sono sul campo. Ma l’Italia è banale, vuole simboli, non verità. Ed io sono preoccupato. 

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