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Sicilia: governo senza maggioranza e senza opposizione

Suolo e sottosuolo della politica.

Come in natura così in politica ci sono un suolo e un sottosuolo.

Sopra il suolo si agitano i figuranti sotto il suolo tramano i potenti di ogni ordine e grado.

C’è, insomma, un mondo occulto (ma non tanto) nel quale confluiscono, scontrandosi e/o accordandosi, “poteri forti” e ambizioni politiche, carriere ed affari leciti e illeciti.
 
Congiunzioni anomale che stanno svuotando la nostra democrazia, i suoi stessi istituti rappresentativi, a vantaggio di sodalizi elitari, riservati e trasversali.
Il Parlamento è stato ridotto ad organo di mera finzione democratica, di legittimazione di decisioni extra istituzionali.

Se qualcuno osa ribellarsi è condannato al pubblico ludibrio o al limbo del gruppo misto e la prossima volta non sarà ricandidato.
 
La situazione è sfuggita di mano ai responsabili
Se questo, grosso modo, è il contesto nazionale, in Sicilia la questione presenta aspetti più preoccupanti poiché più debole è il tessuto democratico e più invasivo il ruolo dei poteri occulti e delle organizzazioni illegali.
 
Lo vediamo, in questi giorni, segnati dalla frantumazione del centro-destra siciliano e del suo principale partito di riferimento: il PdL. Un dissesto dovuto all’alta litigiosità della coalizione?
 
Non solo. Siamo oltre la solita crisi politica quella, per intenderci, che si può ricomporre con i famosi “chiarimenti” ossia con nuove spartizioni di poltrone e di prebende.
 
In Sicilia, infatti, sono stati superati i limiti entro i quali la situazione può definirsi “sotto controllo”. Tutti gli indicatori dicono che è sfuggita di mano ai responsabili, divenendo ingovernabile e molto imprevedibile. Da ciò, le angosce, gli intrighi e la paralisi parlamentare e di governo.
 
Anche la disastrata amministrazione si sta sfilacciando vanificando risorse importanti (compresi i fondi comunitari) e frustrando le residue riserve di fiducia che gli investitori riponevano nell’Isola.
 
Le Olimpiadi come diversivo
Fiducia che, certo, non potrà essere recuperata con la trovata propagandistica dell’eccentrico assessore al Turismo il quale sembra atteggiarsi come un comandante che mentre vede affondare la (sua) nave promette agli eventuali superstiti una crociera di lusso nei mari del Sud ossia le Olimpiadi a Palermo, senza nemmeno informare il sindaco della città baciata da cotanta stravaganza.
A tutto c’è un limite, anche all’esuberanza, se non si vuole scadere nel grottesco.
 
Non che Palermo non potrebbe aspirare a tanto. Oggi, purtroppo, la sua aspirazione è frustrata da una condizione di generale decadenza per colpa di questo centro-destra che la propone, anche a costo d’apparire ridicolo.
 
Ma nulla nasce per caso.
 
Probabilmente, la trovata è stata concepita come un diversivo per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalla gravità della crisi alla regione. Magari sperando nella bagarre, in una sorta di pre - olimpiade siciliana tra favorevoli e contrari.

Se questo era l’intento, come pare, il giochetto è già fallito e si dovrà ritornare al pantano da cui, furbescamente, ci si voleva allontanare.
 
 
I foschi colori della congiura
Pessimismo? Semmai è la realtà ad essere pessima. Come si può definire, se non pessima, una situazione in cui i partiti, che dovrebbero governare, si fanno la guerra da mattina a sera, bloccano il parlamento e le amministrazioni regionale e territoriali?

 
Per altro, c’è da rilevare che la conflittualità intestina è giunta ad un livello inquietante e, sempre più, si tinge dei foschi colori della congiura.
Più di una volta, Lombardo ha accusato i suoi alleati-nemici d’intrigare in quel sottosuolo, infido e oscuro, della politica dove tutte le ombre sembrano irriducibili nemici. Il presidente avrà le sue buone ragioni che però sfuggono all’opinione pubblica.

Dopo i sospetti sugli strani accumuli d’immondizia a Palermo, l’altro ieri ha parlato di una gelida “manina” che è andata a (ri)pescare nel tribunale di Catania un’indagine dormiente a suo carico che se dovesse avere corso potrebbe rivelarsi davvero devastante. 
 
In Sicilia sta accadendo di tutto. Tutti stanno entrando nella mischia, anche personalità istituzionali e governative nazionali.
 
La crisi del centro-destra rischia di travolgere il Pd
La crisi è nel centro-destra, ma rischia di tracimare nel Pd, unico partito, ufficialmente, all’opposizione. A differenza del Pd nazionale, le cui diverse anime si dividono per l’elezione del segretario ma giurano d’essere unite nell’opposizione a Berlusconi, qui la divisione è più profonda e incomprensibile, poiché alcune componenti si sono lasciate irretire dalla manovra lombardiana.
 
Perciò, la confusione è al massimo. La giunta regionale resta sospesa nel nulla, senza maggioranza e senza opposizione.
 
La gente non capisce e soprattutto non intravvede una via d’uscita.
 
Molti si domandano: cos’altro dovrà accadere per prendere atto dell’irreversibilità della crisi e comportarsi di conseguenza? Quale futuro attende la Sicilia da qui a qualche mese? 
 
Basta guardarsi intorno per accorgersi che l’Isola continua a crollare, letteralmente.
 
Città e paesi sono in preda a frane, a montagne d’immondizia che non si riesce a smaltire, mentre si persevera con tagli, talvolta necessari tal’altra interessati, ed anche con sprechi e clientelismi che deprimono i livelli d’efficienza dei servizi pubblici, a danno dei cittadini e delle imprese.
 
Non si può continuare così per altri tre anni.
La Sicilia è a rischio implosione a causa della consunzione di una formula, e di un’esperienza di governo senza strategia, nata ambigua e sviluppatasi all’insegna della furbizia e del tatticismo di corto respiro.
 
Tutto ciò è insopportabile per una realtà già provata da tanti malanni.
Non si possono scaricare le conseguenze dell’incapacità e della litigiosità di certa politica sulla società e sul suo già debole tessuto economico e sociale.
Se questo è il quadro, allora il problema non è solo quello di descriverlo, ma di vedere cosa fare per risanarlo o superarlo, per riportare la situazione sotto controllo.
 
Per come si sono messe le cose, il centro-destra non può farcela. Le ammucchiate, gli accordi sottobanco non servono. Anzi, sono sempre stati più dannosi del danno cui si voleva porre rimedio.
 
D’altra parte, non si può continuare per altri tre anni in questo marasma “autonomista”.

Non sta a noi indicare soluzioni. Per ora l’unica idea prospettata è quella del capogruppo del Pd: ”meglio andare tutti a casa”. Non sarebbe una tragedia. Si potrebbe votare, con altre 13 regioni italiane, nella primavera del 2010. Come dire: 13 + 1 =14.

* Testo ampliato rispetto a quello pubblicato, con altro titolo, su “La Repubblica” del 17 /10/09 
 

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