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Quella maschera di sangue e cerone

Il sangue ha diviso il suo volto. Come da 15 anni il suo volto divide l’Italia.

Tra una guancia e l’altra, tra una narice e l’altra, tra un labbro e l’altro. Tra i Santoro e i Fede, tra gli Annozero e i TG4, tra Il Giornale e La Repubblica.

La parte macchiata, ma non sporca di sangue, oggi gioca a fare la parte dell’offesa. La parte pulita, ma sporca di cerone, rivendica le sue dimissioni, ma non il suo sangue.


A parte l’etica del Bene e del Male, oggi presa abusivamente in prestito dalla politica, l’unico dato di fatto è che quella statuetta del Duomo ha lacerato il suo labbro come ha lacerato e lacererà ancora di più l’opinione pubblica.

Se si trattasse di violenza, allora sarebbe violenza e bastam, gli amici della Lega e del PDL non dovrebbero scandalizzarsi più di tanto. Violenza era quella che uccise Abba, era quella che deturpò il viso di Bonsu, era quella che accoltellò il ragazzo gay, Dino, a fegato e polmone. Il sangue non ha mica colore. E’ sempre rosso, per fortuna.

Se invece si trattasse del delirio di uno psicolabile, un gesto incomprensibile e non dettato da una capacità di intendere e di volere, dovremmo evitare ogni tipo di strumentalizzazione e di masturbazione socio-politica.

Ma se si trattasse del delirio di un Paese, con oltre due milioni di disoccupati, un Pil dello 0,5% ed un debito pubblico di 1800 mld di euro, allora quella maschera di sangue e cerone, senza ombra di dubbio, sarebbe uno di quei regali di Natale previsti, ma che volentieri avrebbe evitato di scartare.

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