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Prosegue il lento cammino per la realizzazione di ITER, il primo reattore a fusione nucleare

Il 3 e 4 dicembre 2009, esperti giapponesi ed europei si sono incontrati a Padova per discutere le modalità di realizzazione delle attività di cooperazione tra Europa e Giappone nel campo della ricerca sulla fusione nucleare, in pratica per arrivare il più rapidamente possibile alla realizzazione di un reattore a fusione nucleare.

Oltre alla costruzione di ITER, il primo reattore sperimentale che dovrà dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica dell’energia da fusione, sono previste infatti molteplici attività di R&D su impianti satellite di minore impegno economico, tra questi il nuovo tokamak giapponese JT60-SA, e la realizzazione di IFMIF, progettato per studiare e definire i materiali del futuro reattore a fusione, insieme a un intenso programma di fisica e tecnologia sulle macchine sperimentali esistenti.

Dobbiamo risalire al 21 Novembre 2006, quando fu firmato a Parigi un accordo internazionale per arrivare alla realizzazione di un grande reattore sperimentale chiamato ITER , per produrre energia tramite processi di fusione nucleare. Erano presenti all’Eliseo a Parigi , oltre al Presidente francese Chirac, i ministri della Comunità Europea, degli Stati Uniti d’America, e di Russia, Cina, India, Giappone e Corea che sancirono lo storico evento. Fu deciso che ITER sarebbe stato costruito a Cadarache, nel sud della Francia, permettendo sia di svolgere esperimenti per la produzione di plasmi con Deuterio e Trizio, sia di sviluppare nuove tecnologie necessarie per le centrali a fusione.

In pratica, quindi, ITER è un esperimento di fusione termonucleare controllata, basato sulla configurazione "tokamak", dove la miscela nucleare, il plasma di Idrogeno, Deuterio e Trizio, sono confinati in un gigantesco campo magnetico per impedirne sia la dispersione, sia il contatto con pareti solide di qualunque materiale, che non potrebbero sopportare quelle elevate temperature.

Questa tecnica, ideata nei laboratori sovietici negli anni ‘60, è stata sviluppata in tutto il mondo per più di 40 anni con l’obbiettivo della produzione commerciale di energia da fusione nucleare.

Con ITER abbiamo raggiunto uno stadio sperimentale di sviluppo della configurazione magnetica che dovrebbe finalmente aprirci definitivamente la strada allo sfruttamento intensivo della fusione nucleare per la produzione energetica; la macchina ITER sarà già capace di produrre circa 500 MW di potenza, per tempi prossimi all’ora, utilizzando pochi grammi di deuterio e trizio, quest’ultimo ricavato dal litio all’interno del reattore .

I vantaggi ottenuti, rispetto alle centrali a fissione nucleare, sono enormi : il combustibile (costituito da deuterio e litio) costa pochissimo perché fatto di elementi molto abbondanti in natura; il prodotto della fusione è l’elio un gas nobile inerte; la radioattività prodotta all’interno della centrale avrà tempi di decadimento dell’ordine appena dei cento anni. Parlando poi della sicurezza, è da ricordare che l’eventuale perdita di controllo del processo di fissione porta ad una catastrofe, mentre con la fusione porta semplicemente al blocco della reazione.

L’Italia dà il suo contributo alla realizzazione del progetto internazionale tramite l’ENEA, il CNR e l’Istituto di Fisica Nucleare (IFN); per la realizzazione di ITER sono previsti circa 10 anni di tempo ed un costo di circa 5 miliardi di euro.

Sono già passati tre anni, ma finalmente questa grande cooperazione internazionale senza precedenti che, come afferma il direttore generale di ITER, Kaname Ikeda, "potrà contribuire a creare una nuova fonte energetica per l’umanità" sembra finalmente potere partire concretamente.

Il 3 dicembre 2009, durante l’incontro è stato firmato l’accordo di collaborazione tra il CNR e l’Agenzia Europea per ITER, F4E, per la realizzazione, affidata al Consorzio RFX, di due sistemi delle alimentazioni elettriche di un impianto sperimentale giapponese denominato JT60-SA, progettato per eseguire prove e sviluppare concetti per nuovi scenari operativi in parallelo ad ITER.

Le apparecchiature messe a punto dai ricercatori padovani riguardano il sistema di protezione dei magneti superconduttori e il sistema di alimentazioni per il controllo della configurazione magnetica del tokamak giapponese, una tecnologia di altissimo livello per la quale si prevede complessivamente un costo di investimento pari a circa 15 milioni di euro.

Sempre a Padova, è stata avviata una seconda attività di cooperazione tra Europa e Giappone, per la realizzazione del principale componente dell’acceleratore di IFMIF. Per questo sistema, la cui progettazione e realizzazione è affidata ai laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Legnaro (Pd) e per la quale si attende a breve la firma del relativo accordo di collaborazione, è previsto un investimento complessivo pari a circa 25 milioni di euro.

Il gruppo padovano per ricerche sulla fusione conferma, così, un ruolo di primo piano in un contesto di collaborazioni internazionali, partecipando non solo alle attività del progetto ITER, ma anche alla realizzazione di impianti complementari nell’ambito dell’accordo di collaborazione tra Europa e Giappone.

L’ENEA partecipa con i centri di Frascati e del Brasimone a tutti e tre i progetti del Broader Approach, contribuendo alla realizzazione dei magneti superconduttori e al sistema di alimentazioni elettriche di JT60-SA, al bersaglio in litio di IFMIF e allo sviluppo di materiali per IFERC, il centro internazionale di ricerca sulla fusione. Il valore complessivo dei tre progetti è di 50 milioni di euro.

Il Consorzio RFX nasce dalla collaborazione tra ENEA, CNR, Università di Padova, INFN e Acciaierie Venete S.p.A. e rappresenta una realtà dinamica per competenza e capacità realizzativa.

Fonti: c.s. 141/2006 e 105/2009 del CNR

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