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Piazza Affari tra le peggiori al mondo (superata solo da Cipro)

Mentre la borsa venezuelana, si conferma come la migliore al mondo, quella italiana affonda. La crisi economica in Italia è profonda, cosò come negli USA. Gli USA? Gli Usa non usciranno dalla crisi, probabilemente sarà la fine dell’unione

La borsa, o meglio l’indice di borsa è di fatto il termometro che misura lo stato di salute del sistema economico capitalista. I media, a partire dallo scorso mese di settembre hanno cominciato a dare spazio alla crisi ed alla caduta delle borse, ma genericamente parlano sempre di un crollo delle borse, come se tutte cadessero e soprattutto tutte cadessero nella stessa misura.

 

Innanzitutto è necessario prendere in considerazione il punto di partenza da cui misurare l’effettiva variazione. Inoltre, è necessario considerare l’andamento delle altre borse, possibilmente di quella cinquantina che rappresentano le più importanti nel mondo. Spesso i media italiani si limitano a prendere in considerazione solamente la Borsa di New York, al massimo quelle europee. La borsa di New York era di gran lunga quella più importante del mondo. Alla fine del 2007, il valore di tutte le imprese quotate a New York ammontava ad oltre 15.600 miliardi di dollari, quasi 4 volte il valore delle altre grandi borse: Tokyo (4.300 miliardi di dollari), Euronext di Parigi, Bruxelles e Lisbona (4.200), Nasdaq di New York (4.000), Londra (3.850), e le due cinesi di Shanghai (3.690) ed Hong Kong (2.650). Per la cronaca la Borsa italiana di Milano occupava il diciottesimo posto, tra le borse più importanti, con un valore ammonante a poco più di 1.000 miliardi di dollari.

L’indice della borsa italiana rappresenta, quindi lo stato di salute del capitalismo e dell’economia italiana. Possiamo subito dire che lo stato di salute dell’economia italiana è in una fase alquanto critica e sicuramente in una situazione di gran lunga peggiore rispetto a tanti altri paesi europei e del mondo.

Se consideriamo i dati relativi al 2009, dall’inizio dell’anno ad oggi (5 marzo), vediamo che il MIBTEL, l’indice della borsa italiana di Milano registra una caduta del 25.99%; la borsa di New York sta un po’ meglio (si fa per dire!) di quella italiana, dato che il suo indice, il Dow Jones è precipitato del 24,86%.

Se ampliamo lo sguardo al resto delle borse del mondo (vedasi la tabella riguardante l’andamento delle principali borse del mondo nel 2009), ci rendíamo conto della consistenza della crisi italiana (e statunitense). Delle 53 borse più importanti del mondo e da noi prese in considerazione per questa analisi, la borsa italiana occupa il penultimo posto! Solo la borsa di Cipro, che nel 2009 ha perso il 36.86% del suo valore con cui aveva chiuso il 2008, ha fatto peggio della borsa italiana e di quella di New York.

La graduatoria è capeggiata da due delle tre grandi borse cinesi (Shenzhen e Shanghai) che stanno guadagnando oltre il 20%. Anche la borsa di Ceylon, sempre in Asia e del Venezuela, in America Latina, guadagnano oltre il 7%.

Come si vede, la graduatoria dell’andamento delle principali borse del mondo è capeggiata dalle borse dei paesi asiatici, del Medio Oriente e dell’America Latina; ossia l’andamento delle borse ci dice esatamente in che direzione sta andando il mondo. Per incontrare la borsa di un paese europeo bisogna scendere fino al diciottesimo posto, occupato dalla borsa di stoccolma, che comunque perde dall’inizio dell’anno oltre il 7%. La vecchia Europa e l’America dl nord non solo sono in crisi, ma sono ormai al tramonto.

Se analizziamo l’andamento delle borse nel 2008 (vedasi la relativa tabella), scopriamo che è stato un anno difficile per tutte, esendo tutte in perdita, ma una cosa è perdere il 7% come la borsa di Caracas, la migliore al mondo nel 2008, altro è perdere un terzo del suo valore, come la borsa di New York, altro ancora è perdere pcoo meno del 50%, come la borsa italiana o il 60% delle borse dei paesi dell’Est Europa e delle borse cinesi, od oltre il 70% della borsa russa o cipriota.

Però, pensiamo che per avere un quadro più ampio della situazione è necessario analizzare l’andamento delle borse dall’ottobre del 2007, quando tutte erano ai loro massimi storici (o quasi) e per renderci effettivamente conto di quanto sia grande la perdita. Dovendo prendere come punto di riferimento un giorno di ottobre del 2007, abbiamo preso il 9, giorno in cui il Dow Jones di New York raggikunse il suo massimo storico, almeno per quanto reguarda il dato della chiusura. Per l’esattezza, la borsa di New York raggiunse il suo massimo storico durante la seduta dell’11 ottobre 2007 (per uno studio più approfondito sul Dow Jones vedasi “Dow Jones dal 1895 in poi”i.

E’, appunto analizzando l’andamento delle borse mondiali da quella data che ci rendíamo conto della reale portata di questa crisi. Tutte le borse stanno perdendo (vedasi la tabella relativa all’andamento delle borse dal 9 di ottobre 2007 ad oggi), anche se la miglior borsa del mondo, quella del Venezuela perde solamente il 2,73% e come abbiamo visto, la borsa di Caracas nel 2009 sta guadagnando e quindi potrebbe da un giorno all’altro azzerare le perdite e passare in terreno positivo. Colombia, Siria e Iran, che seguono nella graduatoria stanno perdendo attorno al 20%; la borsa del Cile perde il 30%; le borse asiatiche di Malesia e Ceylon perdono il 36% circa; dal Sudafrica in poi tutte perdono oltre il 40%; New York perde oltre il 53%.

Per renderci conto della portata di questa crisi, tradotto in soldi significa che gli oltre 15.000 miliardi di dollari di valore che aveva la Borsa di New York alla fine del 2007, sono diventati 9.200 miliardi di dollari alla fine del 2008 ed oggi sono 6.900 miliardi di dollari (vedasi tabella della capitalizzazione delle principali borse del mondo). Una contrazione, che secondo noi può continuare ancora per molto (vedasi nostro studio realizzato ad ottobre, secondo il quale il Dow Jones potrebbe scendere anche del 90%).

E la borsa italiana? Ha perso oltre il 65% del suo valore che aveva ad ottobre del 2007, ossia tradotti in soldi i 1.070 miliardi della fine del 2007 sono diventati 522 miliardi al 31/12/2008 ed oggi 5 marzo sono scesi a soli 386 miliardi di dollari. Certo i capitalisti italiani si possono sempre consolare pensando che i loro colleghi dell’Est Europa alla data odierna accumulano perdite dal 70% all’80% ed oltre, come i ciprioti che stanno andando verso perdite dell’ordine del 90%.

Un breve discorso a parte meritano le borse cinesi, che perdono tra il 50% ed il 60%. Mentre per gli USA non ci sono grandi possibilita di ripresa, anzi prevediamo possibile la dissoluzione dell’Unione (vedasi nostri articoli: “Il destino del dollaro e dell’economia capitalista statuntense”, “Due crisi a confronto: quella del 1929 e quella odierna” ed uno studio più approfondito in preparazione), passando prima per la fase della Repubblica delle banane (definizione data da Paul Craig Robert, analizzando il futuro inmediato degli USA, ossia prima del 2012), per la Cina le cose possono andare diversamente e migliorare.

Le borse cinesi, nel 2009 hanno cominciato a salire, con oltre il 27% la borsa di Shenzhen. Come da noi preventivato ad ottobre (vedasi il citato articolo “Il Dow Jones potrebbe scendere anche del 90%“) a Cina si sarebbe ripresa. Infatti, la Cina ed altri paesi asiatici emergenti, come l’India hanno fondato il proprio sviluppo sulle esportazioni; per avviare la ripresa dopo le grandi perdite del 2008, questi paesi possono sviiluppare il mercato interno. Dato che il proletariado in questi paesi rasenta la schiavitù, con stipendi da fame di pochi centesimi di dollari l’ora, per sviluppare il mercato interno, il capitalismo cinese, rinunciando ad una parte dell’enorme profitto, può aumentare gli stipendi degli operai, permettendogli di accedere al mercato, di conseguenza creare le basi per la ripresa economica, fondata appunto sullo sviluppo del mercato interno. E’ quello che di fatto sta avvenendo in Cina in questi mesi. Di qui la spiegazione dell’aumento delle borse.

Caracas, 05/03/2009

Attilio Folliero

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