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Per una seria integrazione scolastica

Non è necessario stabilire tetti percentuali per realizzare una integrazione vera tra scolari provenienti da realtà e Paesi diversi, come vorrebbe fare il ministro Gelmini.
 
Per bambini di 4, 5 o 6 anni, ammessi a frequentare la scuola materna o una classe della scuola primaria, basta mescolarli senza alcun criterio particolare, per accorgersi in breve e constatare che essi, attraverso il gioco e sotto la guida saggia e paziente di un’insegnante, impareranno a dialogare tra loro nella lingua del Paese che li ospita ed a comprendersi perfettamente.
 
Cito come esempio quello di un mio nipotino, nato e residente in Olanda da genitori italo-spagnoli, perfettamente integrato, nella prima classe di una scuola pubblica olandese, con gli altri compagni di classe, indigeni o provenienti da Paesi asiatici, africani e centroamericani, e tutti già in grado di parlare correttamente la lingua del posto meglio dei propri genitori. La classe a cui ho fatto riferimento è quella rappresentata dalla foto qui accanto.
 
Il problema, naturalmente, assume un aspetto più complesso se si tratta d’integrare alunni frequentanti la scuola media inferiore o superiore.
 
Ma neppure in queste circostanze è opportuno stabilire tetti e percentuali, che potrebbero risultare imprecisi o errati. Ma ammettere a frequentare le classi ragazzi di diversa provenienza, mescolandoli con equilibrio e buonsenso ed aiutando quelli che ne avessero necessità con corsi d’apprendimento della lingua italiana.
 
Se c’è, da parte di chi è ammesso a frequentare un corso scolastico o di formazione, il desiderio e la volontà d’integrarsi seriamente, i risultati si noteranno in breve tempo e talvolta si potrebbe pure constatare che lo straniero riesce a parlare la nostra lingua meglio di uno di noi.
 
La questione, in sintesi, in questi casi, non è quella di stabilire metodi, criteri, commissioni di esperti, ma di agire seriamente, verificando con rigore i risultati ottenuti da chi si assume l’onere di favorire l’integrazione in tutti i sensi di quegli stranieri immigrati di cui avremo sempre più bisogno in futuro.
 
E’ un problema che non è più possibile rimandare, ma va affrontato con vigore e rigore e non con la consueta superficialità e sciatteria di cui siamo capaci in ogni occasione di cambiamento di aspetti anche importanti della nostra realtà civile e sociale.

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